Tutta un'altra storia

Condividi

cacciaArmonia è la rassegna artistica che prenderà il via domani, venerdì 26 giugno, e che porterà grandi musicisti a San Sebastiano da Po, nella nostra Cascina Caccia.
Il programma della tre giorni è noto ai più , ma nel lanciare questa importante manifestazione vogliamo fermarci un attimo sulla data in cui prenderà il via e sul nome che accompagna ogni giorno la comunità di San Sebastiano, nel suo mettersi a servizio del territorio.


Il 26 giugno 1983, è stato ucciso a Torino il Procuratore Capo Bruno Caccia.
Sono le undici di sera passate e il giudice, come spesso gli capita, porta a spasso il cane.
È a pochi metri da casa sua, in via Sommacampagna 15/d, quando viene avvicinato da una Fiat 128, che gli si accosta frenando bruscamente. Dalla macchina partono diversi colpi di pistola.

Bruno Caccia cade a terra, già in pessime condizioni, ma dall’auto scende un killer che esplode altri colpi al capo, per terminarlo. Muore nel trasporto verso l’ospedale.

E’ tarda sera, una domenica fresca e piovosa ma già estiva, obiettivi puntati sulle elezioni da poco concluse e su quel voto “di protesta” che – a conti fatti, e per la prima volta dopo il ’48 – decreta una clamorosa disfatta Dc.

La stampa, in quelle ore irrequiete di un giugno inoltrato, si scopre come confinata con le spalle al muro.
Le cronache parlano con poche misurate parole, del primo (e unico a oggi) omicidio eccellente per mafia mai realizzato in Piemonte come di un inatteso colpo di coda “al cuore dello Stato”.
Ma qualcuno punta il dito anche sui fantomatici “guerriglieri scarlatti”. Quelle Brigate rosse i cui capi storici giacevano in cella (di lì a poco si sarebbe concluso anche l’ennesimo, tormentato, capitolo processuale), i cui deliri sembravano essersi spenti dietro la “slavina” della stagione dei pentiti e sotto la morsa di un’attività inquirente che aveva fatto mostra di sé, e che tuttora non mostrava fatiche. All’ombra dell’impossibilità di una rivoluzione rivelatasi negli anni senza né arte, né parte.

Dopo un primo smarrimento, si conferma l’ipotesi mafiosa.
Sono stati i calabresi, d’accordo con i catanesi. In quegli anni fette intere della città sono di loro dominio: il magistrato non guarda in faccia a nessuno e dà mandato di essere intransigenti contro la criminalità. Bruno Caccia è incorruttibile. Va punito, anche per lanciare un messaggio agli altri.

La vicenda processuale si conclude molti anni dopo, con l’ergastolo per Domenico Belfiore, detto Mimmo, ritenuto il mandante dell’omicidio.
Mai catturati gli esecutori materiali, probabilmente un commando arrivato e ripartito lestamente dopo l’omicidio.

Mimmo Belfiore era residente a San Sebastiano da Po, via Serra Alta 6.
Oggi lì sono residenti Sara, Anastasia, Roberto e Davide.

Tutta un’altra storia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *