Sotto la buccia. Agricoltura e sfruttamento nel sistema Piemonte

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Castelnuovo Scrivia, Saluzzo e Canelli: tre centri d’eccellenza per il settore ortofrutticolo, tre zone che hanno fatto scoprire al Piemonte la realtà dello sfruttamento della manodopera straniera nei campi di raccolta, tre teatri di situazioni delicate e simili nelle loro differenze.

Saluzzo, diventata la “Rosarno del Nord” nelle recenti cronache, è stata al centro di una fortissima polemica sulla gestione, da parte dell’amministrazione comunale, dell’accoglienza dei moltissimi braccianti stranieri, che da anni si recano nella zona in cerca di impiego nella raccolta della frutta e della verdura.
L’aumento del numero di migranti in cerca d’occupazione stagionale, non è stato accompagnato dalla creazione di una modalità d’accoglienza degli stessi, né da parte degli imprenditori agricoli né da parte delle istituzioni che, pur coscienti dell’assoluta necessità di impiegare braccianti stranieri per le raccolte, non si sono curati di creare possibilità di ricezione in strutture preposte.
Ed è così che si è formata una baraccopoli, poi rinominata “Guantanamo“, di circa 700 persone, nella quale i braccianti impiegati e non, hanno vissuto nel periodo della raccolta, senza acqua, luce, gas, aiutati dalla solidarietà del Comitato Antirazzista Saluzzese, uno sportello giuridico di volontari e una visita settimanale della Croce Rossa per chi necessitasse di cure. Nonostante lo sgombero del campo deciso dal Sindaco ed effettuato con un grande dispiego di forze nel giugno 2013, solo ad agosto sono state montate delle tende del Ministero dell’Interno e dei containers della Coldiretti per rispondere all’emergenza già prevista e segnalata da Caritas e dal Comitato Antirazzista Saluzzese, nel frattempo i migranti hanno vissuto per strada in condizioni disumane. Tale situazione è stata raccontata dai migranti stessi al Ministro Cecile Kienge nel settembre 2013, la quale ha visitato Saluzzo per conoscerne la realtà agricola legata al lavoro stagionale dei migranti.

Castelnuovo Scrivia, altra realtà dell’eccellenza agricola piemontese, è stata invece teatro di una protesta di quaranta braccianti agricoli marocchini che da anni erano impiegati in un’azienda agricola della zona, la ditta Lazzaro. I braccianti dichiarano pagamenti saltuari da anni e di non aver ricevuto salari nel 2012, affermano inoltre che alcuni di loro soggiornassero in un cascinale dell’azienda tra attrezzi e sporcizia pagando un affitto mensile. Secondo il racconto dei rappresentanti del presidio, Lazzaro tratteneva loro cifre che si aggiravano tra i 2500 e i 3000 per il rinnovo dei permessi di soggiorno. Tale situazione esplosa nel giugno 2012, quando i braccianti hanno deciso di incrociare le braccia e creare un presidio permanente di protesta, ha portato a una denuncia per riduzione in schiavitù per i proprietari. L’azienda si difende respingendo le accuse e giustificando il ritardo nei pagamenti come conseguenza della situazione di crisi economica. La Procura di Torino ha aperto un’inchiesta della quale si attendo i riscontri. La situazione dei braccianti di Castelnuovo è ancora in bilico, gli accertamenti del nucleo dell’ispettorato dei carabinieri a seguito della protesta, hanno portato a sanzioni e risarcimenti per i braccianti che, in attesa dei saldi dovuti stanno subendo degli sfratti e non riescono a trovare nuove occupazioni, se non saltuarie e a tempo determinato.

Canelli invece, centro d’eccellenza per la produzione di pregiati vini, dove una volta la raccolta dell’uva era affidata dai produttori a studenti, amici e parenti, ha risposto a un aumento di controlli sull’impiego di manodopera stagionale con l’impiego di cooperative per lo più registrate in Bulgaria e Macedonia o miste.
Il reclutamento dei braccianti stranieri ha portato a una situazione, seppur più contenuta, simile a quella del saluzzese, di barcaccamento, situazione che è stata confinata dall’amministrazione in una zona industriale con il solo supporto di due wc chimici e una doccia per circa un centinaio di persone.

I tre casi rientrano nelle cronache e nelle agende politiche solo in quanto emergenze o problemi di ordine pubblico, quando in realtà sono specchio di una situazione consolidata e diffusa che meriterebbe una gestione consapevole da parte di imprenditori e istituzioni.

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