Gratteri, Chinnici e Nicaso: l’evoluzione delle mafie

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di Sara Levrini

Quasi 1200 espositori, circa 300mila visitatori attesi, più di 1000 incontri di approfondimento e dibattito, libri di ogni genere, forma e contenuto immaginabile: questo è stato il contorno dell’incontro svoltosi ieri al Salone Internazionale del Libro di Torino. Gli ospiti non hanno bisogno di presentazioni perché la loro storia e il loro impegno parlano per loro: Caterina Chinnici, magistrato specializzata in giustizia minorile e figlia del giudice Rocco Chinnici ucciso dalla mafia a Palermo il 29 luglio 1983, Nicola Gratteri, anche lui magistrato, noto per le sue indagini contro la ‘ndrangheta, Antonio Nicaso giornalista, tra i massimi esperti di ‘ndrangheta a livello internazionale. Punto di partenza del confronto, due libri: È così lieve un tuo bacio sulla fronte di Caterina Chinnici sulla figura professionale ma soprattutto umana di suo padre, e Acqua santissima di Antonio Nicaso e Nicola Gratteri, libro molto discusso e a tratti osteggiato che tratta le connivenze o al contrario le opposizioni tra mafie e Chiesa.

I tre ospiti si confrontano sulle evoluzioni delle mafie e Caterina Chinnici ricorda una frase che suo padre parafrasava dal celebre Gattopardo, dicendo che “la mafia si trasforma ma rimane sempre uguale a se stessa”, sottolineando quindi che la mafia (purtroppo più dell’antimafia) è pronta ad evolversi e a cogliere le nuove opportunità senza mai perdere, però, la sua identità profonda. L’antimafia al contrario rimane molti passi indietro, all’estero molto più che in Italia, indebolita da contrasti interni sul piano dell’impegno civile e lenta nelle riforme sul piano giuridico.

Delle arretratezze legislative parla anche Nicaso, evidenziando soprattutto le difficoltà della collaborazione tra Stati: un esempio su tutti è quello dei paesi di common law (principalmente quelli anglofoni), dove l’associazione criminale non essendo un fatto personale ma appunto associativo, non è perseguibile come reato, e le indagini patrimoniali essenziali per seguire i capitali delle mafie si possono svolgere solo in campo civile. Per non parlare, naturalmente, degli ostacoli che si incontrano nelle traduzioni da una lingua all’altra di termini e concetti assenti nelle altre culture.

Il Procuratore Gratteri parla anche delle infiltrazioni della ‘ndrangheta negli incarichi pubblici: medici, giuristi, notai, dipendenti della Pubblica Amministrazione formalmente incensurati ma legati a doppio filo alla criminalità organizzata fanno sì che qualsiasi esigenza dei cittadini venga filtrata dal controllo della ‘ndrangheta. La sfida nella quale investire è dunque l’educazione delle giovani generazioni: “un ragazzo non mafioso – spiega il magistrato – esce da scuola e si chiude in camera sua davanti ad un computer; un ragazzo mafioso esce da scuola e tornato a casa si nutre di cultura mafiosa”. Il ruolo della scuola diventa allora essenziale anche al di fuori delle lezioni curricolari: l’esercito di insegnanti auspicato da Falcone viene richiamato da Gratteri con la proposta che i soldi dell’antimafia vengano investiti nei doposcuola e nelle attività ricreative per i giovani, in modo da creare valide alternative di vita.

In ultimo Caterina Chinnici parla della solitudine in cui spesso vengono costretti i magistrati antimafia: suo padre, uno dei pochissimi sostenitori della legge Rognoni – La Torre, o Gaetano Costa, abbandonato dai suoi colleghi al momento della firma degli ordini di cattura per il boss Rosario Spatola e i suoi sodali. Solitudine che nel peggiore dei casi porta alla condanna a morte da parte della mafia, nel migliore, ad una vita di continui attacchi e diffamazioni nel tentativo di minare la credibilità di chi si impegna nella lotta alle mafie.

Il cambiamento più grande può venire dalla presa di coscienza e dalla corresponsabilità dei cittadini, e sicuramente quei 600 posti della Sala Gialla del Lingotto occupati da scolaresche e visitatori di tutte le età è un buon punto da cui ripartire.

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