Riportiamo la lettera inviata all’indirizzo di posta pensaallasalute@liberapiemonte.it, casella aperta per raccogliere segnalazioni sulle difficoltà dei piemontesi all’accesso alla cura nel periodo Covid-19. Abbiamo avuto l’autorizzazione alla pubblicazione dallo scrivente e abbiamo omesso dati sensibili per garantirne l’anonimato.

 

Mio padre ha 87 anni, ha vissuto, fino al momento del ricovero, da solo con  il supporto di una collaboratrice domestica per 5 ore al giorno, gli hanno rinnovato la patente da poco, va in bicicletta, finchè la struttura è stata aperta, andava a giocare a carte con gli amici; oltre a seguire i programmi di musica classica su Sky e i programmi di sport, in particolare quelli di calcio (è una grande tifoso della Juve).

 

Racconto questo  solo per rendere noto che, pur essendo anziano, ha sempre avuto una buona qualità di vita e di relazione e che quindi l’aspetto relazionale, che  in questo periodo  per tutti i ricoverati è complicato per via dell’isolamento forzato, a maggior ragione per un paziente anziano, è di vitale importanza !!!

Credo che assicurare una vita di relazione faccia parte della cura tanto quanto le terapie farmacologiche e riabilitative.

 

Mio padre sta lentamente migliorando dal punto di vista clinico, ma dal punto di vista psichico sembra molto peggiorato, tanto che viene immobilizzato alla carrozzina, pratica che aumenta il suo  stato di agitazione per la privazione di movimento, con conseguente uso di sedativi per calmarlo; compromettendo ulteriormente il suo orientamento e difficoltà a far fronte e riconoscere le sue necessità come il bere (molte volte la voce è impastata come se non bevesse).

 

L’unica cosa che lo calma un po’ è  la possibilità di comunicare con la sua famiglia, ma , nonostante abbia 2 telefonini, non riesce a comporre i numeri di telefono autonomamente e alla fine della conversazione non riesce a spegnerlo perché ha problemi di vista ( ha anche perso gli occhiali nell’ospedale) e inoltre a livello tecnologico è sempre stato un “pasticcione”.

Il risultato è che tutti i giorni deve aspettare che passi qualcuno che gli componga il numero telefonico, oppure se chiamiamo noi familiari o entra la segreteria perché non riesce a chiudere la conversazione precedente, o non riesce a rispondere, cosicché tutte le volte anche più volte al giorno, dobbiamo disturbare gli Infermieri per rimetterci in comunicazione con lui.

Non sarebbe meglio per tutti stabilire che un paio di volte al giorno, di prassi, il personale che lo assiste componga il numero  e alla fine della conversazione si assicuri che il telefonino sia spento? Questo eviterebbe anche di continuare a chiamare il personale infermieristico da parte nostra.

Per ciò che riguarda le video chiamate dal tablet di reparto, in tre settimane ne ho ricevute 3 (l’ultima il 23/11),  e altre volte sono state promesse ma mai effettuate, anche oggi ho aspettato invano!!!

 

Per ciò che riguarda la comunicazione con i Medici, ci era stato spiegato che ogni 3/4 giorni, se non c’erano particolari problemi, ci avrebbero contattati per aggiornarci sull’evoluzione della malattia. Anche in questo caso ciò che è stato promesso non si è mantenuto, siamo sempre noi a dovere chiamare per avere notizie, sempre con la sensazione di disturbare.

 

In più di un’occasione quando si sono fatte notare le carenze di comunicazione e non solo (non è prevista alcuna riabilitazione), sia il personale Medico che Infermieristico si è giustificato sottolineando che da un giorno all’altro si sono trovati a curare 28 paz.ti anziché 20 e che quindi lavorando in carenza d’organico, fanno quello che possono .

 

Sicuramente ci sono problemi di personale come numero, così più volte ci è stato detto (turni massacranti per numero di personale insufficiente per assicurare un’adeguata assistenza), sicuramente ci sono problemi di spazio (i pazienti sono confinati nelle stanze assegnate con impossibilità a un minimo di movimentazione come fare brevi cammini ecc).

Siamo in un vicolo cieco, ogni giorno ci affidiamo alla fortuna: il papà, il più delle volte, è lucido e disperato.

Personalmente non metto in dubbio le difficoltà che stanno affrontando, si potrebbe però non promettere ciò che non si è in grado di fare, perché questo alimenta aspettative, che se deluse, provocano frustrazione e disorientamento a noi parenti che ci sentiamo impotenti e non avremmo mai e sottolineo  mai nella vita potuto immaginare di abbandonare i nostri cari con la paura inoltre di non rivederli…

Da marzo ci confrontiamo con questa malattia ma l’assistenza ai malati sembra ancora improvvisata.

Credo che con pochi accorgimenti di tipo  organizzativo e una comunicazione più attenta , l’esperienza che stiamo vivendo tutti noi con questa terribile malattia potrebbe essere un po’ meno dolorosa.

Ringraziando per la cortese attenzione, colgo l’occasione per porgere distinti saluti.