Nicola Di Girolamo si è dimesso ieri, dopo il discorso in Senato, salutato dagli applausi della Maggioranza. Il senatore, nelle ultime settimane, è al centro di uno clamoroso scandalo: l’accusa dei magistrati è quella di essere stato eletto con i voti della ‘Ndrangheta. Lui si è difeso, sostenendo di pagare colpe non sue e rifiutando qualsiasi accostamento alla mafia; inoltre l’inchiesta in corso, si concentra anche su questioni di riciclaggio, che hanno chiamato in causa anche i vertici di Fastweb. Ad ogni modo, ieri sono arrivate le dimissioni, poi approvate dall’assemblea attorno a mezzogiorno. I sì sono stati 259, i no 16, 12 gli astenuti. A favore hanno dichiarato di votare tutti i gruppi parlamentari, ma in 28 – il voto era a scrutinio segreto – hanno disubbidito alle indicazioni. Il senatore, ormai ex, si è poi costituito in serata a una struttura delle forze dell’ordine a Roma per essere condotto in carcere. È naturale, l’abbiamo ripetuto in diverse occasioni, che ci sono indagini in corso e per la presunzione di innocenza, nessuno ha intenzione di lanciare la croce addosso a Di Girolamo. Detto ciò, è bene ribadirlo, oltre alle responsabilità di fronte alla magistratura, si deve rispondere (e in particolare un Senatore!) di fronte ai cittadini e alle Istituzioni. C’è una responsabilità etica, ancor prima che penale. È in ballo il concetto stesso di giustizia. E quegli applausi alla fine dell’intervento, non sono un bel messaggio. La politica ha perso l’ennesima occasione, questa volta sue due fronti: il primo, quello di avere ancora una volta dovuto attendere la magistratura, per emarginare personaggi non al di soprà di ogni sospetto; il secondo, forse ancora più grave per il suo significato simbolico, è quella mancanza di decoro e buon gusto. Gli applausi, lasciamoli ad altri e in altre sedi.
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