La sua storia trova spazio spazio tra le colonne dei giornali da mesi. Visti i risvolti che potrebbe generare non potrebbe essere altrimenti. Perché le accuse rivolte a Michele Giovine, consigliere regionale dei Pensionati, potrebbe riaprire la partita del riconteggio delle schede in Piemonte.
L’accusa rivolta dal Pm Patrizia Caputo è di falso ideologico. 18 delle 19 firme, necessarie a presentare la Lista Pensionati per Cota nelle passate Regionali, sarebbero da ritenersi false. Nei giorni scorsi si sono rincorse le voci su un possibile patteggiamento di Giovine e del padre, accusato dei medesimi reati. Oggi, invece, la linea difensiva ha percorso un’altra strada.
Nella prima udienza, tenuta oggi presso il Tribunale di Torino, la difesa è passata al contrattacco chiedendo di trasferire il processo a Verbania – per competenza territoriale – e avanzando delle perplessità sul capo di imputazione. Aspettando le decisioni del giudice, rinviate alla prossima udienza del 19 gennaio, nell’udienza si è assistito alla costituzione di parte civile di diversi soggetti. Mercedes Bresso, la lista Insieme per Bresso, la federazione dei Verdi, la lista Pensionati ed invalidi per Bresso e i Radicali di Pannella. Tutti soggetti o gruppi che si ritengono danneggiati dalla presunta azione illecita di Michele Giovine. I risvolti di questo processo, inoltre, potrebbero riaprire il capitolo del riconteggio delle schede elettorali chiuso dalla consulta. I voti ottenuti dalla lista Pensionati sono circa 27 mila, tre volte quelli che separano Mercedes Bresso da Roberta Cota.
A prescindere dalla sussistenza dell’accusa, potrebbe entrare in campo un altro fattore a salvare il consigliere: la prescrizione. La giurisprudenza in materia non è univoca: due oppure sei anni.
Ma Michele Giovine non è nuovo a simili condotte. Nelle elezioni di 5 anni fa un’accusa simile gli era stata mossa. Sempre firme false, circa l’80% di quelle raccolte. In quel caso si salvò per la depenalizzazione del reato, poi prescritto. Oggi potrebbe non essere così.