A cura del presidio Cassarà. Mercoledì 24 ottobre il Presidio Antonino Cassarà, per l’Osservatorio corruzione di Libera Piemonte, ha presentato l’evento Corruzione, tra mani pulite e mani impunite…e domani? in occasione del ventennale di mani pulite e dell’incombente votazione alla Camera del disegno di legge anti-corruzione.
Due gli ospiti di grande rilievo, sollecitati sulle spinose questioni: Alberto Vannucci, Professore presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Pisa, e Piercamillo Davigo, Consigliere della Corte di Cassazione.
Di seguito la prima di due parti del nostro resoconto scritto!
Si è esordito parlando del video che testimonia quanto la popolazione torinese sia sensibile al tema corruzione (La corruzione secondo i torinesi), da cui è emerso che non solo la maggior parte di essa ha difficoltà nel definire cosa sia la corruzione, ma anche che, non sapendo chiaramente in cosa consista, è difficile identificarla e percepirla.
E proprio da questo “non-sapere” della popolazione sorge spontaneo chiedersi se sia possibile fare affidamento agli indici di Transparency International e Eurobarometro, che sono le principali metodologie, che basandosi non su esperienze dirette o statistiche giudiziarie, ma sulla percezione che la gente comune ha di tale fenomeno (lo studio è eseguito su specifiche fasce della popolazione individuate sulla base di categorie economico-sociali), si occupano di misurare il fenomeno della corruzione. Quindi il fatto che l’Italia nel 2011 si sia aggiudicata il 69° posto nella classifica stilata da Transparency International è solo un indice di come gli italiani avvertono questo problema, non di come e quanto sia praticato.
Nel cercare di definire la morfologia del fenomeno corruttivo, il professor Vannucci si è concentrato sulla tipologia più diffusa in Italia, che è quella sistemica, che presenta una struttura molto complessa ed articolata, perché coinvolge vari livelli delle istituzioni ed è regolata da sofisticati meccanismi che ne determinano la diffusione nella pubblica amministrazione. Nella corruzione sistemica sono coinvolti, da un lato, i “centri di potere”, che costituiscono i terminali delle tangenti pagate dai privati; dall’altro, tra il politico corrotto e il privato corruttore si collocano altri soggetti, i cosiddetti faccendieri, che svolgono una funzione di intermediazione e di filtro negli scambi.
Nella corruzione sistemica anche il contenuto del patto cambia volto e ciò è determinato dal fatto che spesso il corrotto è un soggetto in grado di esercitare un’ influenza sul pubblico agente competente ad emanare l’atto. Quanto alla prestazione del corruttore è frequente che il privato adempia al patto corruttivo secondo paradigmi non sempre riconducibili alla mera dazione di denaro. Inoltre, la tangente tende ad essere occultata attraverso meccanismi che la rendono difficilmente riconducibile al corrotto e al corruttore: qui entra in scena la figura dell’intermediario.
È complicato definire esattamente i confini della corruzione anche quando si utilizza un linguaggio più rigoroso, tanto che nel disegno di legge le fattispecie legali sono eccessive e rendono complicata anche la classificazione dell’evento illecito (fenomeni simili e correlati a quello della corruzione sono il Peculato, la concussione e il traffico d’influenze) .
Con l’aiuto del giudice Davigo si distinguono due tipi di corruzione:
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Propria, quando la tangente è data affinché il funzionario pubblico non svolga il suo lavoro e quindi si ha una situazione in cui l’amministrazione si sottrae alle sue responsabilità istituzionali;
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Impropria, quando la tangente è data per far compiere al funzionario il suo lavoro in maniera più celere o per ottenere privilegi da esso.
In entrambi i casi gli unici a patire gli effetti negativi dello scambio sono i cittadini, che di fronte ad un’amministrazione (qualora il fatto si scoprisse) che accetta o addirittura chiede tangenti perdono fiducia nella trasparenza e nella legalità dei pubblici poteri. Il Consigliere della Corte di cassazione ha continuato il suo intervento affermando che è difficile scoprire il reato di corruzione, perché a entrambe le parti, corruttore e corrotto, conviene ovviamente mantenere il silenzio. Nella maggior parte dei casi si scopre l’illecito perché collegato ad altri reati sentinella come il falso in bilancio, l’accumulo di fondi neri (annotazioni di fatture inesistenti), l’abuso d’ufficio e la frode fiscale. La proposta di Davigo, per avere un’idea concreta di quale sia il livello di corruzione in Italia e per combattere in modo molto efficace questo fenomeno, è quella di introdurre il Test di integrità (leggi il nostro articolo sull’Agente provocatore). Metodo utilizzato negli Stati Uniti, che viene applicato quando c’è il sospetto di corruttibilità. Consiste nel verificare la reazione del soggetto sospetto, ad un tentativo di corruzione da parte di un agente provocatore, arrestandolo se l’esito del test è positivo, purtroppo però in Italia questo test non è previsto.
Vannucci prosegue il discorso distinguendo ponendo particolare attenzione alle possibili divergenze nell’orientamento verso la corruzione dell’elite e della pubblica opinione. Si ha corruzione nera quando sia l’élite che i cittadini considerano le pratiche del fenomeno corruttivo deprecabili; corruzione bianca se invece quelle attività, proibite formalmente, sono giudicate accettabili e la loro rivelazione non dà luogo ad alcuno scandalo; corruzione grigia quando le opinioni divergono, e ciò che l’élite valuta prassi normale è ritenuto invece inammissibile dai cittadini, o viceversa. La corruzione grigia è la più insidiosa per la stabilità del sistema politico, poiché la sua rivelazione rende palese la lacerazione che contrappone la struttura di valori prevalente nella società civile e nella classe dirigente.
Una volta definito il fenomeno della corruzione è importante capire quali siano i fattori che possano portare a compiere un tale gesto. Bisogna chiedersi se ci siano all’interno della società e del sistema legislativo, politico e giuridico degli elementi che fungano da incentivi ad essere corrotti o corruttori. Un individuo è portato, o meno, a compiere una forma di corruzione in base a quelli che sono:
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i costi opportunità, si partecipa ad uno scambio illecito quando i benefici che scaturiscono da esso superano il rischio di essere scoperti e la severità delle pene previste;
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i costi morali, ovvero l’aderenza ai valori della comunità in cui si vive;
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i costi immorali, non praticare la corruzione comporta un’esclusione dell’individuo dalla vita sociale, economica e civile e perciò si è costretti a partecipare all’illecito.
A breve il resoconto della seconda parte della serata!