Bruno Caccia: alla ricerca della verità, dopo 30 anni

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Il 26 giugno prossimo ricorreranno i 30 dall’assassinio di Bruno Caccia, uomo di legge freddato dalla ‘ndrangheta. Si conosce il mandante dell’efferato delitto – Domenico Belfiore – e le ragioni alla base dell’agguato deciso per l’attività del giudice contro la criminalità organizzata. Ad oggi, dopo 30 anni, non si conoscono però gli esecutori materiali e le connivenze che hanno portato all’uccisione.

Non si può parlare quindi di una verità piena. La ricostruzione del contesto in cui è maturato il delitto per il raggiungimento della piena verità sta nelle parole rilasciate ieri dalla famiglia di Bruno Caccia, che vi riportiamo.

 

 

“A trent’anni dalla morte di nostro padre, siamo profondamente grati a tutti coloro che vorranno ricordarlo con eventi e iniziative che ne onorano la memoria e che ci fanno un grande piacere.

 

In tutti questi anni, nelle periodiche ricorrenze e non solo, abbiamo sentito sempre forte e presente il ricordo e l’affetto delle Istituzioni cittadine. Abbiamo apprezzato lo sforzo continuo dell’associazione Libera, che è riuscita a tener viva la scintilla dell’interesse e della partecipazione, anche e soprattutto tra i giovani.

Non possiamo però nell’occasione tacere ciò che purtroppo ancora ci cruccia.

 

A fronte degli esiti processuali che risalgono ormai a molti anni fa, sentiamo tuttora il disagio per qualcosa che non ci pare ancora del tutto chiarito. Le recenti cronache del processo Minotauro avallano in qualche modo i nostri dubbi, mettendo in luce un percorso della malavita organizzata che dai fatti di oggi si può far risalire fino ad allora.

 

Proprio in quest’ottica, la sentenza definitiva ci pare a tutti gli effetti una verità parziale.

 

Ci piacerebbe perciò che la ricorrenza di quest’anno diventasse occasione e stimolo per uno sforzo corale teso ad avvicinarsi maggiormente alla Verità, partendo dal presupposto che l’omicidio di nostro padre non fu certo un fatto isolato nella storia cittadina.

 

Questa memoria “fattiva” sarebbe secondo noi un degno coronamento delle commemorazione del suo sacrificio”.

 

Firmato:

Guido, Paola e Cristina Caccia