Non si può dire che i processi all’Ndragheta, in provincia di Torino non suscitino sorprese inaspettate. Nelle ultime settimane, alcune presunte rivelazioni e alcune dichiarazioni delle difese, hanno spiazzato tutti, in primis le Corti, costringendo anche i più restii media ad occuparsi della faccenda. Ma andiamo con ordine. Meno di una settimana fa, Rosario Marando, uno degli imputati in un processo per omicidi di ‘Ndrangheta, ha chiesto alla corte di parlare e ha detto di non aver ucciso lui, ma di sapere dove sono sepolti i corpi di Antonio e Antonino Stefanelli e Franco Mancuso, uccisi nel 1997 a Volpiano. Colpo di scena che ha costretto la sospensione dell’udienza, per l’avvio delle ricerche dei cadaveri, cosa che però si sta rivelando difficoltosa, anche perchè l’area in questione è di 32 mila metri quadrati, ed è stata delimitata e recintata nelle campagne di Volpiano. Si attende l’esito delle ricerche, certo ci si chiede come mai questa dichiarazione proprio ora. Marando ha dichiarato che dirlo ora non avrebbe arrecato più danni a nessuno: vuol dire che gli esecutori materiali sono ormai morti? Chissà, certo che questo è l’ennesimo pezzo di un quadro, che ricostruisce la presenza dell’Ndragheta nella nostra provincia, i suoi affari criminali, ma soprattutto la sua violenza efferata che insanguina da trent’anni Torino e la sua provincia, con buona pace di politici distratti o cittadini dalla memoria corta.
Secondo fulmine a ciel sereno, durante un’udienza di Minotauro, le dichiarazioni dell’avvocato Cosimo Palumbo, difensore dell’ex assessore di Chivasso Bruno Trunfio (accusato di essere un affiliato alla ‘ndrangheta), che vuol far deporre in aula il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. Se, dice il legale, il comune di Chivasso non è stato sciolto dopo gli accertamenti della commissione prefettizia, il Viminale deve spiegarne il motivo, essendo il suo assistito imputato di spicco nella vicenda. O, quanto meno, basterebbe pubblicare la relazione prefettizia, finora rimasta privata, sostiene l’avvocato Palumbo.
Anche qui vedremo cosa succederà, certo suona un po’ strano il fatto che non si consideri, o si ometta, che l’operazione “Colpo di Coda”, dello scorso ottobre, sottolinea l’interessamento degli affiliati nelle elezioni amministrative. Tutto da provare in sede processuale, certo, ma tornano in mente le parole del sommo Sciascia, nel romanzo “Il contesto”, pubblicato ormai più di quarantanni fa: “La sostanza (se c‘è) vuole essere quella di un apologo sul potere nel mondo,sul potere che sempre più digrada nell‘impenetrabile forma di una concatenazione che approssimativamente possiamo dire mafiosa”.
Occhi aperti, la partita non è finita.