Alessandria: tra 'ndrangheta e riutilizzo dei beni confiscati

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Cascina Saetta, bene confiscato in provincia di Alessandria, si trova nel comune di Bosco Marengo. La sua storia inizia nel 2005, con la sua confisca a Concetta Caci, moglie di Rosario Caci, legato alla cosca Fiandaca-Emmanuello e a quella dei Madonia. Da qui la dedica al giudice Antonio Saetta ed al figlio Stefano, vittime di un agguato in Sicilia ad opera degli stessi Madonia. La riassegnazione del bene avviene a favore dell’ente comunale di Bosco Marengo. Da qui in avanti il bene confiscato subisce diverse vicende: inizialmente, tramite un’intesa con la Cooperativa Senape, cooperativa sociale di tipo B aderente alla rete di Libera, la cascina pare destinata alla ristrutturazione e successivamente ad allevare quaglie da uova. Gli enti competenti per concedere l’inizio dei lavori, però, si rimbalzano le responsabilità, ed il tempo passa. Così nel 2012, in seguito al peggioramento delle condizioni già critiche dell’immobile e quindi al triplicarsi della spesa di rimessa in sesto, si pensa di demolire il bene per farne un prefabbricato, sempre destinato all’allevamento delle quaglie. Già da questo momento iniziano i problemi: ad un certo punto crolla la soletta interna dell’immobile. Carlo Piccini, coordinatore provinciale di Libera Alessandria, sottolinea che sia “curioso che si pensi a dei crolli spontanei, se consideriamo che la giustificazione addotta fu quella del peso della neve, ma il tetto era completamente intatto”. Si pensa ad un sabotaggio, ma nessuno sporge denuncia e non si hanno prove certe.

 

Dopodiché, la Cooperativa Senape si ritira. Il progetto sulle quaglie è per loro fondamentale, e sono quindi costretti a farlo partire altrove, a non poter più aspettare, non vedendo la possibilità di iniziare nella cascina di Bosco Marengo. Così decidono di trasportare il progetto di allevamento delle quaglie nel carcere di San Michele, dove sono detenuti anche soggetti condannati al 416bis. “È a quel punto – aggiunge Carlo Piccini – che l’associazione Parsifal, strettamente legata al coordinamento provinciale di Libera, si fa avanti, proponendo di occuparsi del bene. Nessun altra realtà aveva chiesto di prendere il posto della Cooperativa Senape, ed il Comune di Bosco Marengo ha accettato la nostra proposta, ovvero quella di costruire un vivaio di fiori sul terreno della cascina”. La concessione è un comodato d’uso di trent’anni, ma i lavori sono già in ritardo un’altra volta: il 28 febbraio si chiudeva una prima scadenza per i lavori che non è stata rispettata, ma il coordinatore provinciale si dice fiducioso del fatto che nel giro di qualche settimana si riesca ad iniziare; “la serra è già stata comprata, e tutto sembra promettere che entro settembre si avranno dei risultati”.

 

“La situazione di questo bene ci sta molto a cuore in quanto simbolica per una città che, ormai è chiaro, è un crocevia per la criminalità organizzata, per la sua posizione strategica tra Milano, Torino e Genova, continua Carlo. “Alessandria è stata coinvolta nell’Operazione Maglio e Minotauro, ma ai tempi anche nell’Operazione Chiosco Grigio”. L’operazione Chiosco Grigio prende il nome da un chiosco di cocomeri alessandrino dove alcuni boss si ritrovavano a discutere di affari. Proprio oggi è stato arrestato, grazie ad un’operazione congiunta tra le squadre mobili di Alessandria e Reggio Calabria, Domenico Trimboli, ‘ndranghetista che si trovava in Colombia, soggetto chiave nella relazione tra le cosche criminali ed i narcotrafficanti latinoamericani. “L’arresto sul nostro territorio di personaggi del calibro di Sebastiano Strangio, ritenuto legato alla strage di Duisburg, lascia intravedere l’importanza strategica dell’alessandrino, ed è per questo che vogliamo finalmente dare un segnale riutilizzando il bene confiscato di Bosco Marengo, il primo che venne confiscato nella nostra Provincia. Crediamo di aver trovato la strada giusta per realizzare il progetto del vivaio, e ci auguriamo di riuscire a rendere il bene nuovamente utilizzabile a breve”.

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