Cascina Graziella: sempre più vicini alla “rinascita”

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Francesco Pace, imprenditore trapanese, affiliato a Cosa Nostra e sostituto del luogotenente di Bernardo Provenzano, nei primi anni 90 aveva acquistato un cascinale a Moncalvo D’Asti, la città più piccola d’Italia, con denaro illecito.

La cascina è stata confiscata, insieme ad altri beni, nel 1996 e affidata al Comune di Moncalvo per usi sociali nel 2004, da allora il nome è stato cambiato in Cascina Graziella Campagna. Graziella, ragazza diciassettenne, è stata uccisa a colpi di lupara, per aver trovato un bigliettino appartenente a un boss, in un paio di pantaloni nella lavanderia in cui lavorava a Villafranca Tirrena, in provincia di Messina.
“Il Comune di Moncalvo, velocemente ha reso abitabile la cascina e provvisoriamente ha deciso di utilizzarla per ospitare una famiglia di immigrati rumeni in emergenza abitativa”. Ci racconta Isabella, responsabile di Libera Asti.

Il bene si compone della cascina, un fienile, un capannone e circa cinquemila ettari di terreno che necessitano però di ristrutturazioni.
Per questi si è dovuto aspettare i lunghi tempi burocratici, ci racconta ancora Isabella : “Dopo mille perigliose pratiche, tra regione, beni culturali, sovrintendenze e uffici vari, lo studio di architetti AIDUE di Asti, giovane team di progettisti dal senso civico e dalla follia congenita, si è occupata dell’intera progettazione dei lavori al prezzo simbolico di un euro e ha ottenuto la concessione edilizia di ristrutturazione dal comune di Moncalvo in data 12 aprile 2013.”
I fondi per le ristrutturazioni necessarie saranno stanziati da Regione Piemonte, Fondazione Unicredit e Nova Coop. Per contribuire alla raccolta fondi, nel 2012, è partito il progetto “Etico”, una raccolta di tappi di sughero che ha coinvolto cantine del Piemonte, del Veneto, della Toscana e promosso da Amorim Cork, impresa italiana leader nel sughero. L’accordo prevede che Amorim devolva 1000 euro ogni tonnellata di tappi raccolti a favore del progetto. “La campagna dei tappi per Cascina Graziella sta avendo un grandissimo impatto culturale in tutti i territori del Piemonte, i quali hanno risposto con entusiasmo sia nella provincia di Asti, con più di 30 punti raccolta, che nelle altre province, dove grazie al coinvolgimento attivo della rete di Libera, ogni coordinamento provinciale sta promuovendo e sostenendo la raccolta dei tappi – racconta Isabella con entusiasmo – Raccogliere i tappi per la cascina confiscata è un segno concreto, semplice, tangibile e di facile gestione, che ogni cittadino può fare, sia in modo individuale che come gruppo” .
Il progetto di riutilizzo del bene è nato in realtà prima che ci fosse la possibilità di svolgerlo all’interno di Cascina Graziella, l’associazione Rinascita aveva infatti individuato nella dipendenza di alcool e droghe una problematica molto influente soprattutto per l’universo femminile, da questa sensibilità è nato il progetto “RiNascita Donne” che aveva già ottenuto la partnership del Dipartimento Interaziendale Dipendenze Patologiche del quadrante Piemonte Sud (prov. Alessandria – Asti) e del Comune di Asti, Assessorato ai Servizi Sociali e la Regione Piemonte nel 2005.
Nel cercare uno stabile idoneo al progetto è stata valutata la possibilità di utilizzare Villa Graziella che necessitava di un progetto che ne concretizzasse la volontà di riutilizzo sociale. Così, racconta ancora Isabella “Il 20 dicembre 2006 viene firmato il primo protocollo d’intesa tra la Prefettura di Asti, la Provincia di Asti, il Comune di Asti, il Comune di Moncalvo l’’Associazione Rinascita, l’ Associazione Gruppo Abele, Libera, l’ASL 19 di Asti,l’ Asl 20 Alessandria, l’ Asl 21 di Casale Mto, il COGESA.”
L’inizio di questa larga collaborazione ha portato alla definizione precisa di quello che Cascina Graziella diverrà a ristrutturazione terminata : uno stabile che funga da centro socio-assistenziale in cui saranno ospitate una quindicina di donne vittime di abusi e di dipendenze. Gli obiettivi che il progetto vuole raggiungere sono principalmente l’offrire alle donne un supporto concreto tramite una comunità a loro dedicata, valorizzare il bene confiscato dandogli una nuova vita,utilizzare il terreno disponibile quale opportunità di lavoro e integrazione sociale con il territorio circostante, unendo le risorse per la produzione agricola e la loro distribuzione e definire un sistema di cura “ di genere” dedicato alle problematiche delle dipendenze al femminile, offrendo una risposta specifica che sul territorio regionale, ma anche extra regionale, che ad oggi non esiste.

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