Antonino Saetta era un magistrato: nato a Canicattì nel 1922, si era laureato in giurisprudenza e poi aveva scelto la magistratura. Lavorando in Sicilia, in processi di mafia, si era fatto la fama di uomo e giudice integerrimo, presiedendo il processo per la morte del collega Rocco Chinnici. Non era il primo magistrato che cadeva sotto i colpi di Cosa Nostra: i delitti di Scaglione, Costa, Terranova, Ciaccio Montalto, Giacomelli furono tra questi, prima delle stragi del 1992 in cui morirono Falcone e Borsellino, prima del delitto di Rosario Livatino, nel 1990 e Antonio Scopelliti nel 1991.
Saetta era un possibile candidato a presiedere l’appello del Maxi Processo contro Cosa Nostra ed era ritenuto pericoloso, anche per come aveva gestito il processo per l’omicidio Basile. Il 25 settembre del 1988 venne assassinato, insieme al figlio Stefano, mentre viaggiava in auto.
Ci piace ricordarlo oggi, nell’anniversario della morte, anche perchè a lui è dedicata la Cascina di Bosco Marengo: Saetta, infatti, svolse i primi anni da pretore e poi giudice istruttore ad Acqui Terme, in provincia di Alessandria. Oggi, un bene confiscato all’Ndrangheta, rievoca questa memoria e rinnova il nostro impegno.