Mauro Rostagno, un murales alla sua memoria a Torino

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Mauro Rostagno è stata una figura inquieta, idealista e multiforme. Uomo di chiaroscuri, ma sempre fermo nei suoi ideali e sempre pronto alla ricerca della verità: l’uomo vestito di bianco di Trapani, ma anche di Poona in India, dell’Università di Trento, di Torino e di una piccola Macondo a Milano.

Era passato tra tante vite, e chissà quante ne avrebbe avute ancora.

A Torino, da bambino, era timido, balbettava ed era convinto di essere brutto tanto che, raggiunta l’adolescenza, si fece crescere la barba come una sorta di maschera per nascondersi.

 

Una volta a scuola, al Rosmini, fecero piantare alla sua classe dei bulbi per imparare la fotosintesi clorofilliana: tutti crebbero, tranne quello di Mauro che l’aveva piantato al contrario…e alla fine germogliò dalla parte di sotto!

Divenuto leader carismatico del ’68 intraprese anche questa strada a modo suo, con tenerezza e dolcezza. Da subito la sua intelligenza gli fece capire che non è importante essere il primo e questa convinzione lo accompagnerà nella comunità Saman, dove ballava, viveva e rideva con tossicodipendenti, alcolisti, tentati suicidi. Lo stesso fece nella sua televisione: una volta chiese un’intervista a un notabile trapanese e quello gli rispose di andare a zappare; la puntata successiva si apriva con lui in un campo a zappare.

Il 21 aprile 1988 iniziava con queste parole il suo telegiornale: “Buongiorno, mamma mia che situazione in questa provincia di Trapani!….Logge massoniche coperte, intreccio tra politica, affari, mafia, massoneria, tangenti, gente che si fa ricca della povertà altrui…Insomma, ci sarebbe quasi da stare seri se non avessimo voglia, ogni tanto, anche di ridere”.

Così era Mauro, capace di far arrivare a tutti contenuti seri, serissimi, senza il bisogno di apparire ed essere “serioso”.

È proprio questo che abbiamo amato di lui e pur non essendoci più, è riuscito a farsi sentire vivo e vicino ai nostri vissuti e alle nostre esperienze come a quelle di tanti altri ragazzi che, come lui, oggi girano il mondo.

 

Mauro è stato ucciso 29 anni fa, nella provincia di Trapani, apparentemente marginale rispetto a Palermo e alle grandi vicende di mafia, ma in realtà allora, come adesso, al centro di grandi intrighi, dove cresceva quello che adesso è ritenuto il boss incontrastato di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993.

 

Per Mauro, come per altri giornalisti vittime della mafia isolati da vivi e delegittimati da morti come Pippo Fava – ad esempio – le indagini sulla sua morte sono state condotte in modo “strano”, indirizzate su piste e moventi personali poco credibili, intralciate da depistaggi e errori di valutazioni. Chissà quando sapremo se per imperizia o per dolo.

Il 13 maggio 2016 a Palermo si è aperto il processo di appello per l’omicidio a due anni dalla sentenza di primo grado, del 16 maggio 2014, giunta a quasi un quarto di secolo dal delitto che ha condannato all’ergastolo due mafiosi di primo piano di Cosa Nostra trapanese, Vincenzo Virga come mandante e Vito Mazzara come esecutore materiale.

Il merito di riaprire il processo l’ha avuto Antonio Ingroia, successivamente la Pubblica accusa è stata sostenuta da Francesco Del Bene e Gaetano Paci.

Ci sono volute 67 udienze, 144 testi e 4 perizie per giungere ad una semplice verità: Mauro Rostagno è stato ammazzato dalla mafia; una verità che, invero, poteva essere conquistata molto tempo prima se le cose “fossero andate nel verso giusto”.

Scorrendo le oltre 3000 pagine della motivazione con la quale la Corte di Assise di Trapani ha condannato al carcere a vita Virga e Mazzara, la parola depistaggio la si incontra quasi 30 volte, c’è addirittura un capitolo apposito dedicato all’argomento dai giudici che ne hanno individuati ben 27.

Menzogne che volevano Rostagno ucciso per una questione di tradimenti, condannato a morte da Lotta continua – il movimento del quale era stato uno dei leader più amati -, addirittura assassinato da alcuni membri della comunità Saman con la complicità di Chicca Roveri, la sua compagna che per questo fu arrestata e poi scarcerata con tante scuse. Anche se nessuno ha mai
pagato per quell’ingiusto supplemento di dolore, oltre che per Chicca, per sua figlia Maddalena.

 

I pubblici ministeri Francesco Del Bene e Gaetano Paci, nella requisitoria finale del processo di primo grado dissero: “Dopo che è stato scandagliato ogni aspetto dell’esistenza poliedrica di Mauro Rostagno, resta lo splendore della sua figura umana e intellettuale”. Del Bene aggiunse: “Io aspetto ancora una televisione che venga qui a parlare di mafia come ne parlava Rostagno.”

Come può intervenire la memoria su una figura appunto così poliedrica, splendida…colorata?

Il 15 ottobre 2013 la Commissione Toponomastica di Torino ha deliberato di intitolare a Mauro un sedime adibito a mercato, precisamente tra via Vandalino, via Chanoux, e via Don Michele Rua, zona Pozzo Strada.

La decisione è arrivata a cinque anni di distanza dalla prima richiesta avanzata dalla famiglia e da Acmos e Libera, le quali, per la verità, si sono sempre battute affinché la città gli intitolasse il Ponte di via Livorno, un ponte ancora senza nome, che attraversa la Dora e che però il Comune aveva rifiutato di dedicare al suo concittadino. Forse anche perché, come spiega la sua compagna Elisabetta Roveri, Rostagno «era ed è un personaggio scomodo per la sinistra italiana».

Era partito anche un mailbombing, al quale avevano aderito tantissimi cittadini, tra i quali anche Benedetta Tobagi e Claudio Fava.

In occasione del 25° anniversario dell’assassinio poi, Libera, la stessa Chicca e la figlia Maddalena hanno deciso di intitolare simbolicamente quel ponte con l’intento di sollecitare l’Amministrazione torinese a dedicare un luogo a Mauro.

Oggi quel luogo esiste, ma non c’è nulla che parli di lui: da qui l’idea di rendere Mauro Rostagno “presente” nella città che gli ha dato i natali con un bando per la realizzazione di un murales proprio nel luogo dedicatogli, rivolto sia alle scuole sia a gruppi e associazioni.

Quando riguardiamo le foto, i video, quando riascoltiamo la sua voce, infatti, non possiamo non pensarlo come un albero maestoso, solo all’apparenza secco ma dalle radici possenti ed ancora capace di regalare frutti.

Frutti come i tanti ragazzi che abbiamo incontrato e che hanno dato e daranno il loro fondamentale contributo per rendere degno della memoria di Mauro un luogo oggi ancora vuoto e anonimo, senza nemmeno una targa commemorativa.

L’entusiasmo con cui in tanti hanno aderito a questa iniziativa ci ha permesso non solo di rendere il progetto che ci stava a cuore da tempo una realtà, ma soprattutto di trascorrere momenti di condivisione con ragazze e ragazzi di ogni età, raccontando di Mauro.

La parte più bella del progetto è proprio questa: che la storia di Mauro abbia raggiunto persone che prima la ignoravano, a tal punto da spingerle a dedicare un po’ del loro tempo per trovare il modo di darle un volto con i disegni.

L’impegno di testimonianza del nostro Presidio ha messo in moto qualcosa di più grande e quindi cogliamo l’occasione per ringraziare tutti i partecipanti al nostro bando e le persone che ci hanno permesso di realizzarlo, nell’attesa di poter festeggiare tutti insieme il giorno dell’inaugurazione del murales dedicato alla memoria di Mauro Rostagno; proprio trovandoci nel pieno del secondo atto del processo che lo vede per l’ennesima volta, in un certo senso, rimesso in discussione.

*al concorso hanno aderito 7 gruppi tra scuole superiori e gruppi informali, per un totale di 149 ragazzi coinvolti.

Dopotre incontri di formazione con i partecipanti e 16 disegni visionati e valutati dalla giuria, sono risultati vincitori i ragazzi della classe 4E del Liceo Artistico Aldo Passoni.

Presidio Mauro Rostagno di Torino