Elitisti e Corruzione

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Lasciati CORROMPERE dall’onesta informazione

Rubrica a cura del Presidio Cassarà

Gli elitisti appartengono alla tradizione liberale e criticarono quella democratica che si era affermata nel periodo in cui essi elaborarono le loro teorie, ossia alla fine dell’ottocento e primi del novecento.

Essi ritennero che fosse possibile avere istituzioni libere solo quando ci fosse un’oligarchia e non un governo popolare, a causa del collegamento tra lo sviluppo democratico e la decadenza del costume politico.

Gli elitisti sostennero, infatti, la correlazione tra lo sviluppo delle istituzioni dell’egualitarismo politico e l’insorgere e il diffondersi al loro interno di mercati di autorità più o meno occultamente operanti.

I precursori di questa teoria sono stati: Saint-Simon, Comte, Tocqueville e Taine. Mentre Mosca, Pareto, Michels, e Weber sono identificabili come i classici e sono riconducibili al secondo periodo. Poi ne  abbiamo un terzo caratterizzato dalle guerre mondiali, in cui gli esponenti di questa teoria sono: Ortega y Gasset, Mannheim, Schumpeter, Lasswel e Burnham.

In questo articolo tratteremo il pensiero del primo, attraverso la sua analisi delle forme di governo, in particolare quella democratica, e la corruzione.

Il termine democrazia fino alla fine dell’ottocento ha sempre avuto una connotazione negativa, in quanto con esso si intendeva il governo dei violenti, dei licenziosi, degli ignoranti. Contemporaneamente al mutamento del suo significato si sviluppa la teoria delle élites della nuova scienza politica che nega l’esistenza di un vero e sincero governo democratico, in quanto esso si presenta come dispensatore di uguaglianza, ma concretamente è soggetto alla legge delle minoranze.

“Ogni élite pretende di agire in nome del popolo, il quale però non compare mai nelle decisioni: è sempre un uomo o una minoranza a decidere”

Pareto indica che il termine democrazia è caratterizzato dall’indeterminatezza, in quanto con esso si  indica il reggimento di tutti gli uomini civili.

La democrazia si distingue dalle altre forme di governo perché più che in altri tipi di reggimento politico, prevalgono, tra i governanti l’astuzia e la frode in tutte le loro forme, tra le quali la corruzione.

La classe governante è ovunque, varia solo la forma con cui si presenta, perché in una monarchia sul “palcoscenico” c’è un despota; nei governi democratici, il parlamento; ma “dietro le quinte stanno coloro che hanno un potere effettivo. […] Il buon Demos crede di seguire il suo volere e segue invece quello dei suoi governanti […] che, dai tempi di Aristofane ai nostri, usano largamente dell’arte di raggirare il Demos”, per perseguire interessi personali o particolari, “badano a far quattrini, sia per proprio vantaggio, sia per saziare le bramose canne dei loro partigiani e dei loro complici; e d’altro, poco o niente si danno pensiero

Ogni forma di governo è caratterizzata dalla corruzione, ma sulla democrazia Pareto osserva che “l’evoluzione democratica pare in stretta dipendenza con l’aumento del mezzo di governo che ricorre all’arte ed alla clientela, di fronte a quello che ricorre alla forza. […] al tempo presente, in cui il reggimento di molti paesi democratici si potrebbe definire una feudalità in gran parte economica, ove come mezzo di governo usasi principalmente l’arte delle clientele politiche; mentre la feudalità guerriera del Medioevo usava principalmente la forza dei vassalli”.

Non esiste, secondo l’autore, una democrazia senza clientele e consorterie. Questi fenomeni sono spesso indicati come una degenerazione del governo democratico, “ma quando e dove si sia mai veduto lo stato perfetto, o almeno buono, dal quale questa ha tralignato o degenerato, nessuno ha saputo dirlo. Si può solo osservare che, quando la democrazia era un partito di opposizione, non aveva tante macchie quante ne ha nel presente, ma questo è il carattere comune a quasi tutti i partiti di opposizione, ai quali, per mal fare, se non il volere, almeno il potere”

Pareto indica le democrazie degli inizi del novecento come “reggimento di plutocrati demagogici”, dove i partiti trattavano la corruzione sotto “l’aspetto etico”,  per combattersi vicendevolmente, perché è quello che fa più impressione al popolo. Ma le accuse non vanno mai oltre un certo limite: “alle volte si rimane sorpresi vedendo che i B, al momento di conseguire vittoria e di spingere nell’abisso gli A, si fermano ad un tratto, nicchiano e finiscono col contentarsi di una mezza vittoria; ma la cagione ne è che sanno di avere la coda di paglia e temono che vi si applichi il fuoco

La correlazione tra democrazia e impianto burocratico-clientelare del potere, secondo Pareto, si è rafforzata tra fine Ottocento e inizio Novecento, in seguito dell’estensione del diritto elettorale e dal ruolo assunto dai parlamenti.

“Dove infatti non si può ricorrere apertamente alla forza come mezzo ordinario di dominio, come avviene nelle moderne democrazie di massa, e il sostegno popolare e la legge del numero sono condizioni essenziali per la legittimazione formale del potere, il consenso carpito e scambiato attraverso le pratiche clientelari e demagogiche diviene la regola effettuale di governo, la fonte autentica della sovranità sottesa alla finzione della rappresentanza popolare”

La corruzione clientelare è il modo normale di raccolta del consenso democratico e se mantenuta entro certi limiti, essa contribuisce allo svolgimento delle funzioni imperative che assicurano l’equilibrio sociale.

La democrazia è preferita dal popolo rispetto ai regimi che esplicitamente sono fondati sull’arbitrio del rango o della ricchezza, ma secondo Pareto, essa è spesso più opprimente per la collettività.

La democrazia di massa e il suffragio universale non hanno né socializzato né moralizzato il potere, ma l’hanno reso dipendente dalle arti volpini e dal controllo delle clientele economiche, accelerandone paradossalmente la trasformazione.

In conclusione, secondo Pareto  la corruzione è un’arte di governo, un insieme di tecniche e di espedienti volpini che consentono al principe di ottenere obbedienza e sostegno e di mantenere il potere.


Rubrica a cura del Presidio Cassarà, nell’ambito dell’attività dell’Osservatorio regionale di Libera Piemonte


Fonti: Pareto, V., “Trattato di sociologia generale”, a cura di G. Busino, Milano, 1964.

Belligni S., “Il volto simoniaco del potere”, Torino, 1987

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