Per chi si fosse assopito troppo, durante la soleggiata estate nel Belpaese, proviamo a riavvolgere il nastro, sul tema della lotta alle mafie in Italia. Perchè, come noterete qui di seguito, di cose importanti ne sono successe e non vorremmo mai che qualcuno fosse rimasto indietro.
La trattativa: tutto è cominciato con le accuse del figlio di Vito Ciancimino, sul tentativo di accordo tra Cosa Nostra e lo Stato, nella stagione nera 1992-’93.
I messaggi cifrati di Riina: il capo dei capi e le sue dichiarazioni improvvise, cariche di mistero e di allusioni.
Collusi, ma di basso rango: tanto per cambiare l’ennesimo politico siciliano, coinvolto in un processo per le sue frequentazioni mafiose. Sentenza di primo grado.
L’avvocato del Premier e le accuse infamanti: un’altra uscita pericolosa, fatta dall’on. Pecorella, per infangare la memoria di Don Peppe Diana.
La percentuale di beni confiscati: le dichiarazioni allarmanti di Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia.
Berlusconi smentisce il ministro dell’Interno: il caso del mancato scioglimento del comune di Fondi, dopo ripetute richieste, compresa quella del Viminale.
L’antimafia delle manette: ennesimo arresto di Boss della Camorra, colpo all’ala militare della mafia campana.
E qui ci fermiamo, per pietà, perchè ancora se ne potrebbero citare. L’estate dei veleni sembra confermare la volontà di colpire la bassa manovalanza mafiosa, ma di ignorare (deliberatamente?) i rapporti con la politica, con buona pace del cosiddetto “terzo livello”; ovviamente le dichiarazioni pubbliche sono altisonanti e giurano il contrario. Berlusconi ha dichiarato la sua intenzione di sconfiggere le “forze del male” (era dai tempi di Reagan che non utilizzava un lessico del genere), oltre che la speranza di passare alla storia, come il Premier che ha sconfitto la Mafia. Anche Mussolini si vantava di averlo fatto, mandando in Sicilia il prefetto Mori, il quale, tuttavia, quando iniziò a toccare i nervi dei rapporti mafia-politica, fu rimosso e promosso senatore. Poco più di cinquant’anni dopo, un altro prefetto, con le stesse intenzioni, non venne premiato, ma lasciato solo. Era il Generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa. Morì in un agguato a Palermo, con sua moglie e il suo agente di scorta, appena cento giorni dopo il suo insediamento. Era il 3 settembre di 27 anni fa. Ci fermiamo a ricordare il suo sacrificio, sperando che queste poche parole e questi articoli linkati, ci facciano riflettere e impegnare di conseguenza.