Se la lotta alla mafia si potese risolvere a colpi di rasoio, allora, potremmo dirci vicini alla vittoria.
Ogni mese retate, blitz e grandi operazioni investigative, assicurano alla giustizia decine di criminali e tagliano la barba alla forza d’urto violenta di chi gestisce il territorio e di chi vuole muovere l’economia con ingenti capitali di provenienza illecita.
Purtroppo, però, pelo e contropelo, assicurano una pelle fresca solo qualche ora, poi, la barba torna a crescere.
Così anche papello e contropapello, ormai alla ribalta da giorni su tutte le testate nazionali, non fanno altro che alzare cortine fumogene su un passato che ancora attende di essere conosciuto con il marchio di “verità e giustizia”.
Non bisogna avere la presunzione di giudicare chi oggi si ricorda di dettagli, parla di trattative tra lo Stato e Cosa Nostra e di conseguenza non bisogna preoccuparsi di chi non ricorda o di chi sventola la legislazione antimafia come stella da sceriffo.
Sarebbe più naturale che la magistratura potesse fare il suo corso per dare risposte a quelle persone che hanno perso i loro cari e che attendono risposte da anni. Troppi anni.
Sarebbe più naturale ammettere ciò che ormai chiunque si occupi del fenomeno criminale, capisce dopo cinque minuti cinque, in cui analizza le cose con profondità: le mafie esistono da 150 anni, perchè l’asticella della soglia di tolleranza è posta troppo in alto ad ogni livello. E per ogni livello si deve intendere quello sociale, culturale e politico.
Non mi azzardo a dire istituzionale, ma è evidente che le stragi di Capaci e di via D’Amelio sono state così assurde, che sia facile pensare ad infiltrazioni mafiose anche nelle più alte sfere.
D’altronde negare che certa politica sia scesa a patti con la mafia tanto da divenire referente de facto, è impossibile: Vito Ciancimino era o no referente di Cosa Nostra a Palermo? Andreotti è stato o no in contatto con uomini dell’organizzazione mafiosa, favorendone i traffici, fino al 1980?
Le mafie ringraziano tutti coloro che tentennano di fronte a certi interrogativi, perchè mentre si alzano le cortine fumogene di cui sopra, continuano a fare affari, a controllare intere regioni e a reinvestire i capitali illeciti dove si mettono bandierine di legalità e trasparenza e dove invece si perpetra, per lo meno per imperizia, la vittoria della mafiosità.
I numeri degli arresti giornalieri di criminali sono indice della lotta serrata alla mafia? O sono indice dell’espansione esponenziale del fenomeno?
Cosa stiamo facendo per estirpare alla radice le infiltazioni ed il rapporto tra mafie e politica?
Abbiamo bisogno di risposte, perchè vogliamo davvero che non ci ricresca più la barba.
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