Dalla parte dei cittadini

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Inaugurato il nuovo anno giudiziario nelle 26 corti d’appello italiane dove è andata in scena la protesta dei magistrati contro le politiche del governo in materia di giustizia. In tutta Italia le toghe aderenti all’Anm si sono alzate abbandonando la sala al momento dell’intervento dei rappresentanti dell’esecutivo. Così è accaduto anche a Torino: al Palagiustizia i magistrati insieme a metà della platea hanno lasciato l’aula magna con la costituzione in mano quando ha preso la parola il rappresentante del ministero della giustizia Angelo Gargani. La scelta di mandare proprio un ex-magistrato che ha lasciato la toga per far parte dello staff del ministero così come Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, è apparsa come un tentativo da parte del ministero per cercare di attenuare i toni dello scontro.


Ma nel corso della mattinata di fronte ad una platea che vedeva presenti Luca Cordero di Montezemolo, il sindaco Chiamparino, il presidente del consiglio Gariglio e l’esponente dell’Udc Michele Vietti, gli interventi che si sono succeduti hanno criticato fortemente l’azione del governo. Livio Pepino, rappresentante del Csm, ha posto l’accento sull’importanza del Consiglio in quanto organo garante dell’indipendenza della magistratura dal potere politico nonostante i tentativi dell’esecutivo di delegittimarlo, mentre sono state durissime le parole del Procuratore Generale della Repubblica di Torino Marcello Maddalena: «Dietro al disegno di legge sul processo breve c’e’ ”una sconcertante strategia”, anzi una resa. Da un lato si appesantisce il carico di lavoro degli uffici giudiziari , dall’altro si tagliano drasticamente i tempi per una risposta valida dello Stato. Questa strategia ha nella storia un illustre progenitore: Penelope. Ed e’ la strategia del fare per disfare. Disfare quel poco o tanto che si e’ riusciti a fare. Ma se così, ho il dubbio che non di strategia si tratti ma di resa. La declaratoria di prescrizione del reato rappresenta una sconfitta dello Stato».


Lo segue a ruota Giancarlo Caselli che ha deciso di non intervenire in segno di adesione alla protesta: «Ho aderito alla protesta perché voglio mettermi dalla parte dei cittadini. La magistratura non è in grado di rendere il servizio che essi pretendono. Non è in grado perché mancano soldi, uomini, segretari e cancellieri in particolare, mezzi, procedure adeguate e politiche di vera riforma – ha spiegato dopo aver abbandonato l’aula – Il processo breve è una formula ingannevole se si fissano dei termini, a pena di morte del processo, senza però fare nulla perché possano davvero essere rispettati».


Contro il processo breve si è scagliato anche il presidente della Corte D’Appello Mario Barbuto dopo aver elogiato la laboriosità dei magistrati torinesi enunciando i risultati raccolti nell’anno passato. «La durata ragionevole del processo e’ la mia ossessione”, ma la disciplina del processo breve ”non e’ opportuna”, perche’ e’ sufficiente l’attuale regime indennitario e, nel caso penale, l’estinzione del processo».


Alla protesta dei magistrati hanno aderito anche i ragazzi di Libera Piemonte che hanno abbandonato la sala al momento insieme a loro per unirsi in presidio fuori dal palagiustizia



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