“Pensa alla salute”: poche le risposte arrivate dalla Regione Piemonte

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Pensa alla salute”, la campagna lanciata da Libera Piemonte nel dicembre del 2020, rivolta alle Istituzioni regionali per ottenere la totale trasparenza e fruibilità dei dati relativi alla spesa pubblica regionale durante l’emergenza Covid e di quelli inerenti alla costruzione dei nuovi Parchi e Città della Salute, traccia un bilancio dei risultati ottenuti finora.

Sono passati ormai 8 mesi dal suo lancio, nonostante una serie di interlocuzioni con la Regione Piemonte, poche risposte sono state fornite sul lato spesa COVID-19 in coerenza alle nostre domande.

La Regione, infatti, non ha saputo, o comunque non è riuscita a ricostruire, la totalità della spesa pubblica regionale in coerenza con le risorse messe a base d’asta per affrontare l’emergenza sanitaria.

Ad oggi, abbiamo ottenuto solo la rendicontazione chiara e comprensibile dei 21 milioni di euro raccolti da fondi privati e destinati alla sanità.

Una spesa rappresentata con grafici e stanziamenti di spesa, per la quale ( non dimentichiamolo) il Governo Piemontese aveva un obbligo normativo di pubblicità.

Se per fondi privati oggi possiamo sapere come sono stati investiti, non possiamo dire lo stesso per quelli pubblici.

Le risorse pubbliche messe a base d’asta e destinate al Piemonte per fronteggiare le esigenze sanitarie – di natura straordinaria e derivanti dall’emergenza Covid-19 – sono naturalmente molto elevate e raggiungono quota 1,4 miliardi di euro.

Nonostante le diverse richieste inoltrate alla Regione, i diversi momenti di confronto e incontro, nessuna risposta completa di analisi e di quadro univoco di spesa è stata fornita.

Ciò che è certo è che nelle interlocuzioni avute gli uffici competenti hanno sempre rappresentato che il compito non sarebbe stato facile, per via del carattere dell’emergenzialità e della stessa macchinosità della norma sulla trasparenza (cose senz’altro vere entrambe).

Crediamo che l’esito a cui oggi siamo arrivati nasca, anche, da un “peccato originario”. Mancanze in termini di comunicazione di dati e di indicizzazione delle spese con uno specifico tag “covid” (fin dall’inizio della pandemia), hanno portato le stazioni appaltanti a comunicare alla Regione questi dati, come previsto dalla normativa, senza una specifica “etichetta” capace di riconoscerne la destinazione. Azione che non è stato possibile fare neanche ex-post, a quanto abbiamo inteso.

Nonostante il problema riscontrato, da quanto a nostra conoscenza, non è stato fatto nulla di concreto per recuperare, a livello regionale e nazionale.

Per fare un esempio è come se nel bilancio familiare le bollette per la gestione dell’abitazione arrivassero con la dicitura generica “spese per la casa”. In questo modo, sarebbe impossibile capire quanto si sia speso per il gas, piuttosto che per l’energia elettrica.

Su grande scala, è un po’ quello che è successo per gli stanziamenti regionali destinati all’emergenza sanitaria: senza una specifica targhettizzazione Covid la ricostruzione della spesa, al momento, sembra essere un compito irraggiungibile.

È ragionevole credere che tale difficoltà valga per tutto il territorio nazionale (e lavoreremo per verificarlo), situazione che accresce la nostra preoccupazione. L’Italia potrebbe non sapere in forme complete come, quando e per cosa si sia speso per fronteggiare l’emergenza COVID-19.

La cosa certa è che noi, cittadine e cittadini, non riusciamo a ricostruirlo con i dati in possesso.

Date le nostre richieste, volte a “illuminare il presente e il futuro della sanità in Piemonte” – come recita il sottotitolo della Campagna “Pensa alla Salute” – e gli esiti ottenuti vogliamo sottolineare due punti centrali:

Non abbiamo riscontrato la volontà di andare oltre gli obblighi normativi (non sempre soddisfatti) al fine di ottenere una fruibilità davvero integrale, coerente ai principi della normativa della prevenzione della corruzione
L’incapacità di ricostruire la spesa sostenuta rende complesso valutare come si sia effettivamente gestita l’emergenza pandemica non solo dall’esterno, ma anche come autovalutazione dell’ente rispetto alla situazione, strumento utile a orientare le decisioni anche per il futuro.

Nonostante le risposte alle nostre istanze non siano arrivate, non ci siamo scoraggiati.

Convinti dell’importanza di ricostruire la spesa destinata al Covid, abbiamo attivato un lavoro di monitoraggio civico.

Con un gruppo di volontari del settore Common del Gruppo Abele e di Libera abbiamo passato in rassegna i dati pubblicati, delle quasi 80 stazioni appaltanti, che devono renderli pubblici per adempiere alle norme anticorruzione.

Il lavoro di ricerca non ha portato, però, a ricostruire la destinazione dei 1,4 miliardi arrivati in Piemonte per fronteggiare l’avanzata della pandemia nella nostra Regione.

Questa impossibilità è sintetizzabile in 9 problemi riscontrati dai dati riportati dalle stazioni appaltanti

  1. Non vi è un unico modo di presentare il dato, ovvero, l’informazione attinente ad una specifica voce di un bando è spesso scritta in maniera diversa a seconda del database che si va ad esaminare; oppure viene inserita in formati diversi, senza una modalità di scrittura coerente fra le stazioni appaltanti
  2. Non esiste una tabella standard di presentazione dei dati, tra le stazioni appaltanti. L’ordine di presentazione e il numero di colonne nei formati tabellari variano in base alle scelte delle singole amministrazioni. Non c’è sempre comparabilità tra database diversi specie in riferimento al documento tabellare riassuntivo, ossia non c’è un ordine unico in cui i dati sono pubblicati/organizzati in questi elenchi, e come effetto non c’è interoperabilità tra banche dati
  3. Stando anche a ciò che ci è stato comunicato dalla regione e alle divergenze da noi riscontrate nella verifica dei dati, sembra mancare un adeguato sistema di scambio di informazioni, atto a ridurre al minimo la possibilità di errore. Infatti, i database di livello locale, regionale e nazionale non hanno possibilità di comunicare tra loro.
  4. Sospettiamo che la comunicazione del dato venga ripetuta in più passaggi e più volte, rendendo macchinosa la procedura, aumentando il rischio di una erronea trascrizione e di eventuali errori
  5. Vista la situazione emergenziale e la conseguente necessità di un maggiore controllo sulle attività di gestione delle risorse pubbliche, si sente il bisogno di un riferimento che permetta di discernere le attività effettuate in regime emergenziale da quelle ordinarie. Non esiste, come detto precedentemente, un tag di riferimento che permetta di capire se un bando sia parte di una gestione emergenziale o ordinaria
  6. Durante l’analisi è capitato di riconoscere divergenze relative agli importi pubblicati e quelli messi a bando, cifre compatibili con il valore dell’IVA. La mancata indicazione delle spese soggette o no alla tassazione rischia di generare una erronea interpretazione da parte della società civile.
  7. Il percorso necessario al raggiungimento delle informazioni, attraverso i portali delle stazioni appaltanti e le sezioni di “amministrazione trasparente”, è frequentemente tortuoso e talvolta di difficile raggiungimento per gli utilizzatori esterni.
  8. Nel corso dell’analisi ci si è trovati spesso di fronte a casi in cui non venivano rispettati tutti gli obblighi di pubblicazione (come da decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33)
  9. Durante il lavoro di valutazione ci siamo trovati sovente di fronte all’assenza dei formati tabellari, sebbene la loro pubblicazione sia definita dalla normativa, al 31 gennaio dell’anno successivo

 

Considerati il lavoro di analisi e le problematiche riscontrate nella ricostruzione dei flussi di spesa avanziamo alcune proposte per evitare che situazioni simili si ripetano in futuro e per garantire un’amministrazione della Sanità realmente trasparente e di facile lettura, per tutti.

Proposte che ben si inseriscono nelle richieste avanzate per la creazione di un portale della trasparenza per i Parchi della Salute di Torino e Novara, importanti e costose strutture ospedaliere che nei prossimi anni rivoluzioneranno l’accesso alla salute dei piemontesi.

 

1) Per le emergenze, incluse quelle sanitarie come lo è stata quella COVID-19, lo Stato dovrebbe organizzare (o delegare l’organizzazione con schemi precisi alle singole stazioni appaltanti, alle Regioni o ad ANAC) una raccolta dati collettiva e semplificata, per evitare che nelle deroghe al codice dettate dall’emergenza si generi confusione e con essa aumenti il rischio corruttivo.

2) Anche in assenza della promessa centralizzazione e riduzione del numero delle stazioni appaltanti, la Regione dovrebbe poter condurre e raccontare un controllo più sostanziale che formale. Ciò potrebbe ottenersi, ad esempio, con dei follow-up datati e ripercorribili in caso di mancata pubblicazione del dato o erronea comunicazione dello stesso.

3) Occorrerebbe che si lavorasse insieme, Enti pubblici (Regione inclusa) e organizzazioni della società civile, per generare tavoli di confronto e lavoro comune sui dati pubblici (in riferimento a una situazione emergenziale ma non solo), al fine di rispondere al meglio a domande di trasparenza che arrivano dal basso

 

Pensa alla salute” non si fermerà e continuerà il suo percorso di monitoraggio, di collaborazione con gli enti pubblici, di richiesta di un portale della trasparenza per i parchi e città della salute e di patti di integrità per arginare interessi corruttivi e mafiosi che possano interferire sul diritto alla salute dei cittadini piemontesi.

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