Per capire meglio cosa si intende con diritto di sapere partiamo da un esempio legato al tema della salute. Protagonista del nostro esempio è il cittadino. Immaginiamo che egli svolga lo stesso ruolo che svolge una cellula del sistema immunitario nel corpo umano: comunica un’intrusione di cui si accorge affinchè tutto il resto dell’organismo si attivi per provvedere e limitare i danni. Così, se il diritto di sapere del cittadino smettesse di esistere, il sistema socio-istituzionale rischierebbe di ammalarsi, diventando sempre meno trasparente e più vulnerabile alle occasioni di corruzione.
Gli strumenti che il nostro ordinamento mette a disposizione sono molteplici. A partire dalla legge n. 241 del 1990 si è cercato di costruire un nuovo rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadini, creando nuovi diritti e strumenti (la legge anticorruzione, legge 6 novembre 2012, n. 190 e il decreto legislativo n.33 del 2013 ad esempio) per consentire ai privati di intervenire durante la formazione dei provvedimenti.
Il Consiglio di Stato nel suo parere sullo schema del decreto 97 del 2016 ha contribuito a spiegare il passaggio dal bisogno di conoscere al diritto di conoscere: “…nel suo complesso, il decreto legislativo 97/2016 è stato concepito per consolidare la trasparenza amministrativa: da un lato, il provvedimento normativo si propone di incentivare i cittadini a realizzare attività di controllo diffuso nella pubblica amministrazione, dall’altro, introduce provvedimenti più efficaci a scopo di prevenzione alle condotte illecite ed ai fenomeni corruttivi nelle istituzioni”.
Alla luce di ciò ci ritroviamo un armamentario normativo molto consistente che dà sostanza al nostro diritto di sapere e che ci consente di avere tra le mani gli strumenti per richiedere la trasparenza dei dati alla Pubblica Amministrazione e il giusto controllo nella gestione dei soldi pubblici. Ma nonostante ciò il nostro diritto di sapere sta rischiando di diventare un miraggio poiché durante l’emergenza sanitaria da Covid-19 questo ci è sembrato limitato: come risulta dai dati contenuti nel dossier “InSanità. L’impatto della corruzione sulla nostra salute”, di Libera e La Via Libera. Questo ci spiega come il 17 novembre 2020 siano stati stanziati 14 miliardi di euro per far fronte alla crisi sanitaria, ma come le stazioni appaltanti abbiano comunicato all’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) solo 5,55 miliardi rispetto al totale. Ma come facciamo a conoscere della gestione del 61 per cento dei fondi? E’ fuori d’ogni dubbio che una pandemia non giustifichi la minaccia al rispetto di un diritto fondamentale del cittadino. In fondo, è noto come le emergenze siano abituate alla corruzione. resta quindi fondamentale continuare a prevenirla ed a combattere forme di opacità ad essa strumentali.
Articolo di Alessandra Scalia – Equipe Common – Covid, gruppo di volontarie/i e studentesse/studenti del Master APC per l’elaborazione di strategie di monitoraggio civico sulla pandemia
Per saperne di più:
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