Gli appalti resi pubblici 

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Nel glossario abbiamo provato a spiegare, sintetizzando, cosa sia e come funziona un appalto pubblico. Con questo articolo vogliamo approfondirne le ragioni e la storia, indicare la normativa che riguarda la materia e, in ultima analisi, tentare di rendere la parola “pubblico” non solo una specificazione della natura dell’autore ma un aggettivo che ne dimostri la trasparenza.

Secondo l’ISTAT, l’incidenza delle spese delle Amministrazioni pubbliche, espressa in percentuale del Pil, nel 2018 ha raggiunto il 45,6%. Indipendentemente dal giudizio di valore sui costi vivi dell’amministrazione, questo dato può essere letto come indicatore della significativa attività della P.A. sul mercato. Il potere di acquisto della Pubblica Amministrazione aumenta, sul piano ambientale, la necessità di porre l’accento su scelte ecologiche e sostenibili per velocizzare la spinta dei produttori verso filiere sempre più efficienti e tarate sull’economia circolare; sul piano sociale, spiega l’interesse di chi offre lavori/servizi/beni a contrattare con la pubblica amministrazione per aumentare significativamente le possibilità di guadagno. Ecco perché è necessario che i modi per ricevere un incarico siano chiari e garantiscano libero accesso a chi dimostri competenza e integrità indipendentemente da conoscenze o rapporti radicati.

Quando parliamo di P.A. intendiamo ministeri, enti territoriali (Regioni, comuni, città metropolitane), aziende ospedaliere, parchi nazionali e tutte le realtà che esistono per gestire la conservazione dei beni e il raggiungimento di interessi pubblici. Qualsiasi cosa questi enti debbano acquistare per il loro funzionamento (con la spesa corrente) o per la realizzazione della loro missione anche sulla base di investimenti (sul conto capitale) deve passare attraverso procedure specifiche e complesse al fine di garantire il famoso “buon andamento” e l’imparzialità di cui parla la nostra Costituzione all’art. 97. Queste procedure prendono il nome di appalti e, in questo schema, gli enti diventano stazioni appaltanti.

Infatti, mentre tra privati l’appalto è solo la denominazione di un contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro (1655 c.c.), nel pubblico la parola descrive non solo l’esito dell’accordo ma anche il modo in cui viene raggiunto. Alle Pubbliche Amministrazioni infatti è limitata la libertà (di contrarre, di scegliere la controparte, di modificare le condizioni contrattuali) sostituita da metodi procedurali che garantiscono la maggiore oggettivazione possibile, tenendo alla larga potenziali conflitti di interesse o ipotesi corruttive. Come anticipato infatti, la necessità è quella di consentire a chiunque di diventare un contraente della P.A. a condizioni note in anticipo e non modificabili, mantenendo alta la qualità del prodotto/servizio/lavoro scelto ed efficiente la spesa che grava sui bilanci pubblici.

Il problema era già stato posto nell’ambito dell’amministrazione della contabilità dello Stato e delle sue articolazioni sul territorio regolata con il Decreto Regio n. 2440 del 18 Novembre 1923 e il suo regolamento attuativo, Decreto Regio n. 827 del 23 Maggio 1924, il cui  l’art. 3 recitava: “I contratti dai quali derivi una spesa per lo Stato debbono essere preceduti da gare mediante pubblico incanto o licitazione privata, a giudizio discrezionale dell’amministrazione”. Il pubblico incanto consisteva in una vera e propria asta a tempo (a volte gestita in modi scenografici come nel caso previsto dall’art. 74 del D.R. 827/1924: “Se invece nell’ardere di una delle tre candele si siano  avute  offerte, si dovrà accendere la quarta e si proseguirà’  ad  accenderne  delle altre sino a che si avranno offerte”) mentre nella c.d. licitazione privata i potenziali offerenti venivano invitati direttamente dalla P.A.. In tutti i casi, una volta individuata l’esigenza di acquisto, l’Amministrazione era obbligata a promuoverla o individuare i migliori offerenti sia sul piano economico che qualitativo per garantire l’efficienza della spesa pubblica. Già negli anni 20 del novecento.

Il sistema di oggi non è molto diverso. Ancora sono previste ipotesi differenziate che obbligano all’asta pubblica (oggi chiamata procedura aperta o ristretta) o alla possibilità di individuare direttamente una short list di soggetti a cui chiedere di presentare un’offerta (procedura negoziata o affidamento diretto se il soggetto è uno solo) ed il criterio che determina l’applicabilità di queste ipotesi è principalmente, ma non esclusivamente, il costo finale. Più è alto più è d’obbligo la procedura aperta a garanzia della maggiore partecipazione possibile, diversamente prevale l’interesse a celerità e semplificazioni, fermo restando il rispetto di alcuni principi irrinunciabili. L’ingresso dell’Italia nell’Unione Europea e l’accrescimento dell’importanza di quest’ultima nel processo di avvicinamento e unificazione della struttura legislativa degli Stati comunitari ha giocato un ruolo significativo nelle ulteriori modifiche operate sul settore. 

L’Europa in effetti ha essenzialmente modificato la materia inserendo, per esempio, delle soglie di importo al di sopra delle quali alle amministrazioni nazionali è fatto obbligo di pubblicare un avviso non solo su strumenti di comunicazione interni (come la Gazzetta della Repubblica Italiana nel nostro caso) ma anche su analoghi strumenti a diffusione continentale (Gazzetta della Comunità Europea), consentendo la conoscibilità delle occasioni di lavoro oltre confine. Ben inteso, sotto quelle soglie è comunque consentita la partecipazione di chiunque dimostri di avere le capacità richieste, a prescindere del luogo in cui abbia la sede legale, ma è meno probabile che gli arrivi la notizia e non si è obbligati a fargliela arrivare. 

Entrando nella sostanza della procedura lo schema è, più o meno, sempre lo stesso:

  1. Viene pubblicato un bando che descriva la necessità della P.A. e i requisiti che sono richiesti a chi vuole parteciparvi. Possiamo parlare di requisiti morali, sempre richiesti, che riguardano l’assenza di impedimenti giuridici a contrarre con la pubblica amministrazione, e di requisiti tecnici che cambiano di volta in volta in base al lavoro/servizio/fornitura da affidare;
  2. Gli operatori economici interessati presentano un’offerta, solitamente non solo economica ma anche qualitativa, per dimostrare le capacità tecniche acquisite, e dichiarano di essere in possesso dei requisiti richiesti;
  3. Una commissione di esperti scelta dall’Amministrazione valuta e compara le offerte attribuendo dei punteggi e il migliore (tecnicamente ed economicamente) si aggiudica il contratto;
  4. Prima di arrivare alla stipula la pubblica amministrazione verifica che le dichiarazioni rese dal vincitore siano corrispondenti al vero e rende pubblica l’avvenuta aggiudicazione.

Sembrerebbe un processo lineare ma la difficoltà di quello che si mira a ottenere dal mercato, la complessità di una serie di passaggi intermedi poco pratici e spesso la mancanza di una formazione adeguata nell’organico amministrativo e nelle fila dei partecipanti, comportano il verificarsi di innumerevoli rallentamenti e fuori programma.

A contribuire alla poca limpidezza di un affidamento di solito si aggiungono le menzionate procedure alternative previste dalla legge italiana, che cambiano, eliminano, rimescolano i punti che abbiamo elencato in base agli importi o all’oggetto del contratto, offrendo il fianco a possibili infiltrazioni criminali e a più comprensibili errori umani. Senza dubbio, vale la pena ripeterlo, l’intento perseguito è quello della semplificazione, ma è pacifico che l’assenza di univocità e la frequenza delle modifiche ha generato e continua a generare confusione anche tra gli operatori del settore più esperti.

L’attuale impianto normativo è tenuto insieme dal Codice dei Contratti Pubblici, raccolto nel decreto legislativo 50 del 2016 e dalle sue successive modifiche ed integrazioni (smi) nonchè da una fitta maglia di decreti ministeriali e linee guida dell’ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione che ha la finalità di orientare e monitorare l’operato della P.A. quando si parla di appalti. Il codice infatti, che consta di circa 200 articoli, ha sostituito il precedente d.lgs. 163/2006 e il suo regolamento attuativo (D.P.R. 207/2010), nel tentativo di adeguare l’Italia, in fretta e furia, al passo europeo, scegliendo la tecnica della cosiddetta soft law – che preferisce alle norme cogenti le linee guida, le raccomandazioni, le indicazioni nell’ambito di una cornice generale di regole.

Tutte le informazioni sulle procedure vengono poi pubblicate nella sezione Amministrazione Trasparente delle singole P.A. (nel ruolo in quel caso di stazioni appaltanti) e nello specifico alla voce “bandi e contratti”. Contemporaneamente vengono trasmesse all’ANAC e alla fine di ogni anno, entro il 31 gennaio, pubblicate in formato tabellare e complessivo. Gli obblighi sono raccolti nel sia nel Codice dei Contratti Pubblici che nella L.190/2012 e nel suo decreto attuativo.

D.lgs. 50 del 2016 

CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI

L. 190/2012

ANTICORRUZIONE

D.lgs. 33 del 2013

TRASPARENZA E ACCESSO CIVICO

Art. 29 = deve essere pubblicato tutto quello che riguarda la procedura.  art. 1 comma 32 = devono essere pubblicate le seguenti informazioni:

la struttura proponente; l’oggetto del bando; l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l’aggiudicatario; l’importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell’opera, servizio o fornitura; l’importo delle somme liquidate.

Inoltre,entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all’anno precedente, devono essere pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. 

art. 37 comma 1 lett. a) = deve essere oggetto di pubblicazione:

la struttura proponente; l’oggetto del bando; l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l’aggiudicatario; l’importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell’opera, servizio o fornitura; l’importo delle somme liquidate.

La materia è quindi complicata e connessa con molte altre funzioni del diritto amministrativo. Il consiglio, a chiunque volesse avvicinarsi a potenziali approfondimenti, è quello di consultare la versione aggiornata del Codice su questo sito, per essere sempre al corrente di deroghe, modifiche o abrogazioni.

 

Articolo di Giulia Schiavetti – Equipe Common – Covid, gruppo di volontarie/i e studentesse/studenti del Master APC per l’elaborazione di strategie di monitoraggio civico sulla pandemia

LEGGI LA CAMPAGNA

Per saperne di più:
Leggi qui l’articolo di approfondimento sul Diritto di Sapere e sul decreto legislativo n. 97 del 2016
Leggi qui l’articolo di approfondimento sullo strumento dell’accesso civico, strumento per garantire il diritto di sapere ai cittadini
Leggi qui l’articolo di approfondimento sul “whistleblowing”, uno strumento giuridico per favorire la denuncia di reati di corruzione nell’amministrazione pubblica.
Leggi qui l’articolo di approfondimento sul monitoraggio civico e le comunità monitoranti