Flare

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A qualche settimana di distanza dall’esperienza di Flare a Bari, pubblichiamo il report realizzato dai ragazzi del Presidio di Carmagnola, Chiara e Francesco. Un modo per restituire ore di lavoro e condividirle con tutta la rete di Libera Piemonte.

A
Bari un cerchio si chiude e un altro cerchio si apre. I quattro giorni
passati in Puglia dai 150 giovani del progetto Flare, provenienti da
oltre 50 associazioni della società civile dell’Unione Europea, dell’Europa Orientale, del Bacino del Mediterraneo, dei Balcani e del Caucaso, sono stati un punto di arrivo ma anche un punto di partenza, in ogni caso uno snodo fondamentale per lo sviluppo del network.

Prima di cominciare, però: che cos’è Flare? Si parte da un semplice assunto: che le mafie da tempo sono diventate un fenomeno transnazionale, capace di articolarsi nei vari paesi superando quei limiti posti dai confini nazionali. È proprio questa capacità della criminalità organizzata di andare oltre quegli ostacoli – politici, economici – che ancora bloccano o rallentano il processo di integrazione europea a rendere necessaria una risposta della società civile a livello europeo.
Questa risposta è Flare: Freedom, Legality and Rights in Europe, un network finalizzato alla cooperazione tra le organizzazioni della società civile nella lotta contro le mafia, la corruzione, la criminalità organizzata transnazionale che promuove l’affermazione dei diritti e l’implementazione della normativa internazionale in materia.
La pressione sui processi legislativi a livello locale ed europeo, le campagne di sensibilizzazione, la collaborazione tra le associazioni che sono parte del network sono gli strumenti di cui Flare si è dotato.
Quella di Bari è stata la terza e penultima tappa del processo di creazione di questo network.

Durante il primo incontro, avvenuto nel freddo novembre berlinese, nel
suo video messaggio di saluto Don Luigi Ciotti aveva indicato quello
che doveva essere il compito dei giovani di Flare: “prendere il
testimone” da tutte le vittime di mafia, da tutte quelle persone morte
senza giustizia e senza libertà,

Due mesi dopo, a Cracovia (15-20 gennaio 2008), l’impegno a prendere il
testimone si era fatto ancora più forte. Una mostra ospitava le brevi
biografie di personaggi (uno per ogni associazione aderente al network)
morti difendendo la libertà e la giustizia: il giornalista turco Ugur
Mumcu, Andrei Sakharov, Peppino Impastato, Ilaria Alpi e Miran
Hrovatin…
Il momento più forte in questo processo di costruzione di un’identità e
di una memoria comune era però la visita al campo di Auschwitz.

Questo è stato il significato più profondo, per Flare, della settimana
trascorsa a Cracovia: una memoria comune, su cui costruire un futuro
comune, era stata creata. Mancava ancora un tassello: per un network
impegnato contro mafie e criminalità organizzata fondamentale doveva
essere l’incontro con coloro che con le mafie e la criminalità
organizzata le avevano viste in faccia. Per questo l’incontro con i
familiari delle vittime di mafia era il momento centrale della terza
tappa di Flare, i cinque giorni trascorsi a Bari dall’11 al 15 marzo.

Così, il pomeriggio di venerdì 14 marzo, la Fiera del Levante (che
ospitava per quel giorno i lavori di Flare) è stata invasa da centinaia
di familiari di vittime di mafia.
Il momento conclusivo della settimana barese
era la partecipazione alla XIII Giornata della Memoria e dell’Impegno
in ricordo delle vittime delle mafie. Suggestivo perché non solo punto
di arrivo ma anche ultimo momento insieme prima della prossima tappa:
l’incontro con la Commissione Europea a Bruxelles, dall’8 al 10 giugno.
Come a Cracovia siamo stati divisi in
cinque gruppi tematici (traffico di esseri umani, eco-mafie, traffico
di armi, traffico di droga, corruzione-informazione) all’interno dei
quali, con l’aiuto di esperti (della Legambiente, di Narcomafie…), è
iniziato il confronto sulle dimensioni nazionali dei vari problemi,
sulle risposte che i singoli stati danno a questi problemi, sulle
eventuali risposte comuni che un network come Flare potrebbe promuovere
a livello europeo.

La formazione è stata centrale nella prima giornata trascorsa a Bari,
quando si sono tenuti workshop di approfondimento sulle cinque aree
tematiche.
Tutte le proposte sbocciate, che
verranno integrate, approfondite e migliorate nei prossimi mesi, sono
disponibili sul sito www.flareprogramme.org.

Dunque per un cerchio che si chiude, quello che ha portato alla nascita
di un network basato su una comune idea di Europa, su una comune
memoria e su una comune idea di futuro, uno nuovo se ne apre:
sfruttando il lavoro fatto a Cracovia e Bari, l’incontro con la
Commissione Europea a Bruxelles (7-11 giugno) sarà il primo momento in
cui Flare avrà l’occasione di incontrare le autorità europee. A
Bruxelles sarà anche firmato l’atto notarile che darà forma alla
struttura di Flare, struttura al centro della discussione anche a Bari:
un consiglio direttivo composto da una decina di membri, un presidente,
un’assemblea plenaria.
Come ha detto Sandro Calvani, direttore dell’Unicri (United Nations
Interregional Crime Research Institute) tra gli ospiti dell’ultimo
seminario “Le istituzioni internazionali: i fenomeni criminali e le
possibili contromisure”: se è vero che la sicurezza e la giustizia sono
la base per lo sviluppo economico e dei diritti umani, è vero altresì
che manca, a livello internazionale, un senso di urgenza verso la
minaccia rappresentata dal crimine organizzato che (come in Italia
sappiamo bene) è vista come lontana, così lontana da non richiedere né
un’immediata preoccupazione né un’immediata reazione. Manca inoltre –
sostiene sempre Calvani – un effettivo sistema di cooperazione e
collaborazione tra le varie realtà che lavorano in questi settori
(autorità e associazioni): per questo è nato Flare, e per raggiungere
questi obiettivi crescerà nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Non ci
rimane che augurarci buona fortuna e rimboccarci le maniche: le vere
sfide devono ancora arrivare
.

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