Murales

Condividi

Qualche settimana fa, a Palermo, è scoppiato il caso: è stato avvistato un murales "Andy Warhol style", raffigurante il latitante Matteo Messina Denaro, nei pressi del Duomo. Pochi giorni dopo un altro lavoro identico, tipicamente Pop Art, è stato segnalato davanti alla facoltà di Giurisprudenza.
Si è aperta così la porta dell’interpretazione: per prima cosa sono stati cancellati i murales, considerati un inno alla mafia e una mitizzazione del latitante "filosofo".
Ma le reazioni sono state le più disparate: alcuni hanno pensato bene di rimpiazzare l’opera d’arte con l’effige di Falcone e Borsellino, altri, ad Agrigento, hanno di fatto emulato le gesta di chi a Palermo si era firmato F.A., infine il Teatro Bellini di Catania ha affisso, sulla propria facciata, uno striscione raffigurante la medesima immagine dello scandalo,

In una nota il Bellini spiega come volessero leggere "l’anonima iniziativa palermitana sotto una luce positiva,
come segno di incoraggiamento e di cambiamento, come peraltro nei
canoni della Pop Art degli anni ’60, ancora oggi considerata simbolo di
una rivoluzione culturale"
Proprio oggi su La Repubblica, i due artisti, due ragazzi iscritti ad architettura, hanno confessato e sono usciti allo scoperto. Per loro si trattava di una provocazione artistica, "un modo per smitizzare un personaggio mitizzato dai media".
La soluzione di quello che era divenuto un fenomeno mediatico da copertina, pone una vera riflessione altrettanto provocante: è più preoccupante che Matteo Messina Denaro diventi un’opera d’arte o che sia latitante da ormai 15 anni?
In ogni caso, per tutti, ci vuole come minimo un bel ripasso di storia dell’arte.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *