Se ci fosse luce sarebbe bellissimo

Condividi

Pubblichiamo questo articolo di Maria, rappresentante degli studenti dell’ ITC Russel-Moro di Torino, Riflessioni nate dopo un incontro con Gian Carlo Caselli, rilfessioni che riportano al centro dell’attenzione il 9 maggio 1978. Peppino Impastato e Aldo Moro.


Se ci fosse luce sarebbe bellissimo


Queste dolci parole di Moro hanno spinto anche noi, studenti dell’Itc Russell-Moro, a far luce su quegli avvenimenti che hanno segnato il nostro passato e su altri avvenimenti che ancora segnano il nostro presente.
Il progetto promosso già da anni dal nostro istituto che porta il nome di Educazione alla legalità, alla cittadinanza ed alla solidarietà ci ha fatto conoscere la realtà di quelle zone che più di altre risentono l’oppressione delle mafie.

Attraverso l’analisi di alcuni film sulla mafia abbiamo conosciuto le figure di Placido Rizzotto, Peppino Impastato, Rosario Livatino e don Puglisi.
Questo lavoro ha accresciuto in noi voglia di sapere e di giustizia,
che non si è fermata alla lezione frontale o all’assemblea studentesca,
ma ha visto la nostra presenza a Bari per conoscere il dramma delle
famiglie dei testimoni di giustizia, che hanno visto i loro mariti e
figli uccisi per aver denunciato soprusi insostenibili.

In vista della “Giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi” volevamo ricordare Aldo Moro in modo differente dal solo minuto differente.

Con l’aiuto del procuratore G. Caselli siamo riusciti a far luce sugli anni bui della nostra Repubblica.

Il decennio che va dal 1973 al 1983 vede Giancarlo Caselli a
Torino come giudice istruttore impegnato nei processi contro le prime
azioni delle Brigate Rosse, primo solo poi affiancato da un pool.
Questo perché più si andava avanti, più diveniva ferrata la lotta di
questo gruppo.

La storia delle BR può infatti essere suddivisa in varie fasi.

Dal 1970 al 1973
la loro fu una propaganda armata attuata
soprattutto in Torino, colpendo cose e persone con i cosiddetti
sequestri “mordi e fuggi”, cercando di dare l’impressione di avere
legami con movimenti politici più grandi.
È questo il periodo delle grandi confusioni. Alcuni arrivarono a
utilizzare il famoso slogan “né con lo Stato né con le Brigate Rosse”.

La seconda fase, che comincia nel 1974, vede le BR porsi
come alternativa allo Stato e a portare il loro attacco proprio al
cuore dello Stato.
Ora i sequestri avevano come scopo finale la scarcerazione di
brigatisti, i prigionieri politici, in cambio della liberazione degli
ostaggi.
È’ il momento in cui si uccidono magistrati, militari, sindacalisti e
dirigenti perché Servi dello Stato.

Ma cosa significa essere servo dello Stato?
Il procuratore con enorme orgoglio definisce servo dello Stato un uomo
che impegna la sua vita per raggiungere il benessere della
collettività.

Le Brigate rosse però vedono il loro declino con il fallimento del
sequestro Moro, con il quale speravano di scatenare una guerra civile
che non ci fu.
Paradossalmente, nella loro fase di declino aumentano i loro omicidi: è
la fase di annientamento nella quale uccidono per sopravvivere.

Ora la situazione si fa più chiara e comincia a formarsi una coscienza civile.
Ora è chiara a tutti la subalternità politica delle Brigate rosse. Caselli notava che la loro efficienza criminale si manifesta nel modo migliore quando lo Stato italiano dava segni di cambiamento e risultava, quindi, più vulnerabile.

L’unico modo per combattere il terrorismo era appunto usare gli strumenti della democrazia, come le assemblee per divulgare le informazioni e rafforzare il popolo.
In
questo modo si potevano isolare politicamente questi gruppi.
Infatti è in questo momento, dopo il fallimento del sequestro Moro, che
cominciano a farsi avanti i primi pentiti, fino alle dichiarazioni di
Peci e la sconfitta delle BR.

Le BR hanno procurato molte morti, ma quella di Moro ci ha colpito in modo particolare.
Infatti il sequestro Moro ha avuto caratteri diversi dagli altri soprattutto per quanto riguarda la reazione del nostro Stato.

Sorge così naturale la domanda, anche in noi giovani che leggiamo questi avvenimenti sui libri di storia: ma è stato fatto tutto il possibile per salvare Aldo Moro?

Già solo le sue lettere inascoltate nelle quali chiedeva aiuto e
consigliava di trattare, ci fanno pensare che non è stato fatto tutto
il possibile. Forse il suo sacrificio doveva servire per lasciare
invariato l’assetto politico.
L’innovazione così radicale di Moro di un allargamento del governo a
favore della “sinistra” non era accettata né dalla sinistra più
radicale né dagli Stati Uniti, eterni nemici del comunismo.

La morte di Moro ha di sicuro avuto un profondo valore nella situazione politica di allora, ha chiarito il procuratore.

Anche alla domanda sul perché le Brigate Rosse hanno comunque visto una
fine o una tregua e la mafia invece, pur vivendo da più di duecento
anni non ha ancora visto un arresto, il procuratore ha tentato di
chiarirci le idee.
La prima precisazione che fa è quella di dare una definizione delle BR dando un obiettivo alle loro azioni.
Esse erano un gruppo terroristico con lo scopo principale di promuovere un riscatto sociale, i loro obiettivi erano dunque politici e rivoluzionari.

Al contrario l’obiettivo delle mafie è avere un’importanza economica sul loro territorio.
Il
loro punto di forza è la povertà che esiste in alcuni territori
italiani.
Ecco perché Caselli ritorna a precisare che l’unico modo per
sconfiggere le mafie, come è stato fatto con le BR, è quello di
lavorare e lottare su tre piani d’azione.
Potenziare mezzi militari, aggredire fortemente le manifestazioni criminale attraverso i mezzi della magistratura, diffondere tramite gli strumenti della democrazia i piani dello Stato per sensibilizzare e informare l’intera società, sanare quelle situazioni di povertà economica e culturale.
La mobilitazione del popolo, che ha isolato i terroristi, può tranquillamente isolare le organizzazioni mafiose.
Ricordiamo infatti che esse hanno un secondo punto di forza: la paura che la gente ha, che la costringe al silenzio.

Ritornando agli strumenti della democrazia… la scuola è un presidio della democrazia!
È per questo che noi ci schieriamo dalla parte della battaglia per la legalità.

Maria,
rappresentante studenti ITC Russel-Moro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *