Il tanto atteso film su Giulio Andreotti è uscito nelle sale italiane, dopo il Premio della Giuria a Cannes e qualche frecciata del vero Andreotti: pare che il senatore a vita, più famoso d’Italia, non abbia gradito molto il ritratto che esce dalla pellicola. Come dargli torto: Andreotti, nel film, è il perno su cui si innestano le maggiori vicende politiche degli ultimi trent’anni, compresi i fatti di cronaca, le vicende giudiziarie, fino all’accusa di collusione mafiosa. E’ il deus ex machina, nel bene ma soprattutto nel male, delle spartizioni di potere, degli intrighi, delle vicende più oscure, riuscendo a uscirne sempre indenne. Il film ha una struttura complessa e intricata, una regia che ogni tanto folgora con invenzioni surreali (lo skate nel Parlamento, la scena dei due coniugi davanti alla TV a vedere cantare Renato Zero, il monologo di lucido livore in cui esplode il lato nascosto del protagonista) e un’interpretazione strepitosa di Toni Servillo, che si conferma fuoriclasse della recitazione, attorno a una buona squadra di comprimari (il "folle" e ultradinamico Pomicino, il remissivo Evangelisti, la moglie dignitosa, la segretaria paziente); una caratterizzazione, quella di Servillo, lontana dalle macchiette, ma attenta alle mosse, ai gesti, al tono della voce, a dare a quel profilo ingobbito, in alcune scene, un’eco alla Nosferatu.
Andate a vedere "Il divo", perchè ne vale la pena, per tutti questi motivi e per mille altri che potrete scoprire, osservandolo con attenzione. Poco importa se un film sceglie sempre la dimensione della fiction, anche quando si ispira a fatti veri: Andreotti ci ha insegnato che "a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca"!
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