Le impronte digitali dei bambini rom

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Pubblichiamo e sottoscriviamo questa dichiarazione rilasciata da Luigi Ciotti sulla proposta del ministero degli Interni di prendere le impronte digitali ai bambini dei campi Rom.

L’identificazione
attraverso le impronte digitali di un bambino non è di per sé uno
strumento negativo. Anzi, può essere utile al bambino stesso per la sua
tutela (quando viene venduto, prestato, sfruttato). Questo però vale
per tutti i bambini, italiani o zingari che siano. Quello che è
inammissibile è sospettare e condannare a priori un popolo.
Non si può
pensare di attribuire a 170.000 zingari una patente di delinquenza di
gruppo e di conseguenza uno status giuridico speciale. E’ questo che
spaventa. E’ questo che va contro i bambini zingari.
Le forze
dell’ordine possono quindi disporre di questo strumento di indagine in
sede civile e penale (quando ci sono delle indagini in corso, dei
sospetti di sopruso, ecc), ma questo deve valere per tutti. Oggi più
che mai, alla luce della complessità delle singole situazioni e per
cercare di sbagliare di meno, è necessario unire le forze, le
competenze e i saperi intervenendo con tempestività e determinazione
per fermare chi sfrutta e usa le persone e nel contempo tutelare e
aiutare le vittime. In tal senso bisognerebbe applicare di più e meglio
le leggi esistenti
, a cominciare dall’articolo 18 del Testo Unico
sull’immigrazione e alla legge 228 sulla tratta e a tutte le leggi
esistenti di tutela dei minori.
Non cerchiamo quindi
soluzioni-scorciatoia
, ma affrontiamo e gestiamo insieme le situazioni
richiamando ciascuno alle proprie responsabilità, siano esse
individuali che istituzionali.

Luigi Ciotti
presidente Gruppo Abele

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