Una scorta per il rettore “sequestrato”

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cronaca 17/05/2009 – IL CASO

La protesta degli studenti torinesi

Oggi a Torino si apre il G8 delle Università. La polizia: no ad altre azioni dimostrative

ANDREA ROSSI

torino

Nel giorno in cui a Torino si apre il summit dei rettori ce n’è uno che è finito sotto protezione. Ezio Pelizzetti, il Magnifico Rettore dell’Università di Torino, da oggi è sotto tutela da parte delle forze dell’ordine. Una scorta discreta, morbida, che dovrebbe accompagnarlo solo nelle uscite pubbliche. «Sull’argomento non dico nulla», taglia corto Pelizzetti. Nessun pericolo reale incombe sul docente. Però si è scelto di adottare questa precauzione per evitare il ripetersi di azioni dimostrative, come il «sequestro» del rettorato di venerdì scorso, dopo la decisione di Pelizzetti di chiudere Palazzo Nuovo – cuore dell’ateneo torinese – fino a mercoledì mattina. L’edificio era stato scelto dall’Onda come quartier generale: sede di dibattiti, forum, concerti ma soprattutto dormitorio per le centinaia di ragazzi in arrivo dal resto d’Italia, Francia, Spagna e Grecia.

Il pericolo di trasformare il palazzo in accampamento e le informative giunte dal Viminale hanno spinto il rettore Pelizzetti a decidere la serrata. Pentito? Neanche per idea: «È stata una decisione sofferta, chi mi conosce sa che ho sempre difeso il ruolo dell’università come spazio aperto di discussione e confronto. Più volte ci siamo fatti carico di ospitare il dissenso». Stavolta no: troppi allarmi, e quei documenti sui gruppi in arrivo da fuori Torino. «Se fosse successo qualcosa la responsabilità sarebbe stata mia. E io mi sento un po’ il papà di questi ragazzi». Venerdì è stato fatto uscire da una porta secondaria. «Ho dovuto farlo, per evitare contestazioni. Ma, fosse stato per me, sarei uscito dalla porta principale come faccio ogni giorno. Il confronto non mi fa paura: avrei potuto restare a casa, sono andato in ufficio come ogni giorno. Ho incontrato chi mi contestava. E alla fine gli spazi sono stati concessi». Il movimento si è trasferito a 50 metri da Palazzo Nuovo, in un edificio dell’Università ribattezzato Block G8 Building. Oggi arriveranno delegazioni di No Tav, No Dal Molin e No Discarica, per raccontare agli universitari le esperienze dei movimenti locali. Si preparano i momenti di discussione. Si tengono i contatti coi collettivi in partenza da mezza Italia per il corteo di martedì. L’Onda anomala – così si è ribattezzato il movimento – getta acqua sul fuoco. Parla di intimidazioni: «È in atto una campagna che vuole nascondere le ragioni e i contenuti della nostra protesta dietro allarmismi del tutto ingiustificati». Per i prossimi giorni promettono azioni dimostrative. Dicono che cercheranno di disturbare il summit «ma senza alcuna violenza».

Atmosfera tranquilla al Block Building. E così al Turin Sherwood Camp, il campeggio allestito sulle rive del Po dai collettivi e dai precari della ricerca. Ieri è andato in scena una sorta di contro G8: workshop sui temi dell’energia, dell’ambiente e della pace. Oggi saranno in piazza, per la prima delle due manifestazioni previste. «Un corteo pacifico, in cui daremo voce al modello alternativo di università che vorremmo vedere realizzato», spiega Andrea Polacchi del forum Altrosviluppo. Ma l’incertezza che circonda i tre giorni del summit, per il Viminale, è legata alla manifestazione di martedì mattina. Le informative dei giorni scorsi parlano di gruppi anarco-insurrezionalisti in arrivo, alcuni dall’estero, e di saldature tra diversi estremismi.

L’Onda non ci sta: «Non ci saranno centri sociali né altro, solo il movimento che si è ribattezzato Onda anomala e ha guidato la protesta contro le riforme di scuola e università con le sue iniziative imprevedibili», dicono Dana Lauriola e Andrea Bonadonna. In questo clima oggi si apre il summit dei 40 rettori. Senza Pelizzetti: «Non credo parteciperò, ho altri impegni». Il rettore dell’università La Sapienza di Roma, Luigi Frati, fa sapere che non ci sarà: «Non m’interessano le iniziative improvvisate». Pelizzetti evita commenti. Però c’è quel nome scelto per il vertice – G8 – che proprio non gli va giù: «Bisognerebbe essere più cauti quando si utilizzano certe formule, quella evoca avvenimenti tristi. E non credo possa portare giovamento a Torino: ci ricordiamo come è uscita l’immagine di Genova?».


da “La Stampa” on line del 17 maggio 2009




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