San Suu Kyi processata a porte chiuse

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di Federico Rampini – 19 maggio 2009
Il bel volto di Aung San Suu Kyi, affascinante e austero, noi lo ricordiamo da immagini ormai vecchie di cinque anni.



A 64 anni, oggi dev´essere incanutita e scavata dalle rughe, ancora più magra, segnata da malattie, privazioni, sofferenze fisiche e psichiche.  Eppure questa fragilissima donna, premio Nobel per la pace, continua a far paura a una giunta militare che ha ai suoi ordini 400.000 soldati. Non bastava tenerla agli arresti domiciliari per 13 anni. Da una settimana l´hanno sbattuta in un carcere di sicurezza. E ieri è cominciato il processo per direttissima. Protesta la comunità internazionale, ma la giunta golpista reagisce a muso duro: gli ambasciatori italiano, francese e tedesco non hanno neppure ottenuto il permesso di visitarla in carcere.  I ministri degli Esteri della Ue ieri hanno discusso la proposta svedese di varare ulteriori sanzioni.
Aung, processo a porte chiuse l´Occidente accusa la Birmania
Un gesto ipocrita e impotente: le sanzioni già in vigore sono aggirate, e comunque l´Europa ha poche leve di pressione su Myanmar.
Il processo alla leader democratica nasce da un pretesto risibile e crudele. «The Lady», come la chiamano i tanti birmani che la considerano l´unica dirigente legittima (fu lei a stravincere le ultime elezioni regolari, nel 1990), è accusata di avere violato gli arresti domiciliari. Due settimane fa un intruso è riuscito a penetrare in casa sua. L´episodio è sospetto.
Protagonista è un turista americano, il 53enne John William Yettaw, di cui si sa poco. Forse è un mitomane (di fronte ai poliziotti si è inventato un titolo di studio inesistente), forse un fanatico mormone. Secondo la versione ufficiale ha attraversato a nuoto il lago di fronte alla dimora di Aung San Suu Kyi per portarle una Bibbia. Poi, stremato dalla nuotata, avrebbe chiesto di potersi riposare.
Ospitandolo per una notte Aung San Suu Kyi si è “macchiata” del crimine di cui risponderà davanti al tribunale. Resta incredibile che il misterioso Yettaw abbia potuto superare lo sbarramento di militari che a chiunque altro hanno sempre impedito i contatti con la leader dell´opposizione. La spiegazione più probabile è un´altra. La premio Nobel aveva quasi finito di scontare la pena degli arresti domiciliari. E tra pochi mesi la giunta militare che la depose con un colpo di Stato organizzerà delle elezioni-farsa, costringendo il popolo birmano a ratificare una costituzione liberticida. Sperano così di dare una parvenza di legittimità al proprio regime di terrore.
Ma Aung San Suu Kyi riesce ancora a intimorirli. Nonostante abbiano ucciso e deportato tanti leader della sua Lega democratica, i gerarchi in divisa pensano che attorno a lei possa aung_san_suu_kyi_web0.jpgcoalizzarsi una resistenza. Condannarla al carcere è l´ultima violenza per ridurre al silenzio l´opposizione.
Nel 2007 gli stessi militari avevano schiacciato nel sangue un´ampia rivolta guidata dai monaci buddisti. Un anno fa in questi giorni, i generali prendevano in ostaggio l´intero popolo di Myanmar, impedendo l´arrivo degli aiuti internazionali nelle campagne devastate dall´uragano Nargis.
L´isolamento ha ottenuto lo scopo voluto: a corto di informazioni, l´opinione pubblica internazionale ha dimenticato quella tragedia. Le inondazioni provocate dall´uragano fecero 140.000 morti. Ancora oggi ci sono 500.000 sfollati, di cui 200.000 bambini, l´agricoltura è in condizioni disastrose, e le Ong umanitarie incontrano enormi difficoltà di accesso.
Ora l´Europa rispolvera la diplomazia delle sanzioni: minaccia di «isolare» un Paese che i militari hanno già trasformato in bunker. Si evocano nuove sanzioni senza verificare come hanno funzionato quelle già in vigore. Un embargo esiste, ma non ha impedito alla compagnia petrolifera francese Total di continuare a fare affari con la giunta militare; né all´esercito birmano di comprare elicotteri «Made in India» che contengono tecnologie italiane, francesi, tedesche e inglesi. In omaggio alla diplomazia delle sanzioni, Tony Blair quando era premier arrivò a sostenere il boicottaggio del turismo. Un´assurdità: i birmani hanno una disperata necessità di contatti con noi; incontrare occidentali è una delle poche fonti di informazione.
L´Occidente in Birmania rappresenta un modello, ma conta poco. Non siamo più noi il centro del mondo. Il sostegno alla giunta militare viene dai suoi potenti vicini asiatici. L´India importa il gas birmano, la Cina saccheggia le foreste locali per rifornire di legname i cantieri edili di Pechino e Shanghai, la Russia ha firmato un contratto per la costruzione di un reattore nucleare. È su queste nuove potenze che i governi occidentali devono premere. I gesti a effetto illudono solo una audience occidentale ingenua o distratta.


Tratto da:
la Repubblica

Dal sito on line di antimafia duemila


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