We are ready to broke the siege…

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La vita a Larnaca scorre con i ritmi di sempre. E’ un mercoledì come tanti per residenti e vacanzieri, indaffarati nella quotidianità da turisti, lavoratori, studenti. Ma in un angolo di questa cittadina, al Sunflowers Hotel, umile struttura alla periferia di Larnaca, si lavora per sfidare le autorità Israeliane. Domani il Free Gaza e i suoi attivisti si imbarcheranno alla volta della Striscia di Gaza per dimostrare, con un’azione non violenta e di disobbedienza civile, l’assurdità delle restrizioni israeliane sui territori palestinesi. Gaza è tristemente conosciuta come la prigione a cielo aperto. Una volta entrati, se non si ha la fortuna di essere nati nel “civile” occidente, la si abbandona in una bara. Tra l’indifferenza dei più, alcuni hanno deciso di smettere di far finta di non vedere l’assurda mattanza quotidiana che affligge i civili di Gaza. Hanno ascoltato le urla di dolore dei palestinesi, costretti a vivere in un non-Stato e in assenza di diritto.L’unica legge che esiste in questi territori è quella del più forte ed è imposta dall’esterno. Israele decide, i palestinesi vivono una costante crisi umanitaria e, in tutta risposta, quasi tutto il mondo tace. Israele può permettersi di ignorare e calpestare da decenni le risoluzioni dell’Onu e continuare ad avere l’appoggio delle maggiori superpotenze occidentali.Potente, influente, rispettato e capace di indirizzare a proprio piacimento le decisioni di altri stati sovrani. Oggi ne ho avuto la dimostrazione: una delle due imbarcazioni rischiava di non poter partire per mancanza di autorizzazioni. Certificati che nelle altre spedizioni del Free Gaza avevano pieno titolo, oggi rischiavano di essere illegittime. Il motivo? La nave in questione è quella che porterà cemento al popolo di Gaza per cercare di ricostruire ospedali, scuole e case. Netanyahu e soci ne impesciscono l’arrivo, convinti che verrà utilizzato per ricostruire i tunnel da Gaza all’Egitto.

Restrizioni contarie al diritto, sveltagliate in nome della sicurezza dello Stato d’Israele. Gli effetti della sicurezza israeliana si avvertono per lo più a Gaza e territori occupati. Non si entra, non si esce e nessuna merce può arrivare se non preventivamente accordata con l’autorità israeliana.

Come è noto, su Gaza pende un embargo. E’ l’unico territorio del Mediterraneo a non poter disporre in autonomia delle proprie coste e del proprio mare territoriale. In quel lembo di terra dimenticato, la vita scorre con tremenda normalità. La gente si sposa, i bambini vanno a scuola. Ma la nostra concezione di normale, consueto e quotidiano è per i palestinesi una lotta per portare a casa la pelle. Tutto questo mi è stato riferito da questi attivisti, uomini e donne in via d’estinzione per coraggio e determinazione. Uomini e donne dalla Giamaica, Emirati Arabi, dall’Europa e rifugiati palestinesi di diverse nazioni. Occhi che guardano il mondo da prospettive a volte opposte. Gli stessi occhi che vorrebbero vedere quella terra flagellata da guerre, sopprusi e indifferenza una volta per tutte in pace.

Domani si parte. Ci vediamo tra 30 ore.

I’m ready to to broke the siege….

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