Anatomia di una rimozione

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Ho appreso con profondo dispiacere la notizia della decisione, da parte del nuovo sindaco leghista di Ponteranica (BG), di rimuovere la targa voluta un anno e mezzo fa dal suo precedessore di centrosinistra per dedicare la biblioteca civica a Peppino Impastato. La notizia mi mette in allarme per una serie di motivi: due in particolare.

Il sindaco ha spiegato la sua scelta dicendo che “è meglio onorare personalità locali”. Mi chiedo: perché si intitolano strade, biblioteche, piazze? Si dedica un luogo pubblico perché ciò che la persona rappresenta è significativo per la comunità. E qui il sindaco sembra dire che, per la comunità di Ponteranica, Peppino Impastato non significa nulla, non c’entra niente. Sta proprio qui il primo punto di grande preoccupazione. Siamo di fronte a una classe dirigente politica che non comprende il problema delle mafie: è ferma ancora al luogo comune secondo cui si tratta di un problema di alcune regioni del sud e non dell’Italia intera; il nord, poi, non ne è interessato. Purtroppo, però, siamo nel tempo in cui tutti i sindaci del Nord dovrebbero dedicare una piazza, una biblioteca, una via a Peppino o a chi, come lui, ha dato la vita per un paese migliore, libero dalle mafie. Dovrebbero farlo perché ogni bambino, ragazzo, leggendo possa chiedere: chi è? Che cosa ha fatto? Così imparare, capire. A questo servono le targhe, le dediche, a creare memoria e identità collettiva. Questa consapevolezza non c’è: siamo di fronte a una grave cecità politica di cui pagheremo le conseguenze. Di quanto il nord sia interessato al problema delle mafie, e in particolare la Lombardia, ne parleremo tutto l’anno.

Un altro aspetto che mi preoccupa riguarda il senso istituzionale dimostrato. Alcune questioni dovrebbero essere affrontate al di là delle differenti visioni politiche, dovrebbero esprimere i valori fondanti di una comunità. Tenere alti questi valori, fare sì che continuino a vivere è compito delle istituzioni, al di là del colore politico di chi, temporaneamente sta ricoprendo un certo incarico. Il desiderio di un paese libero dalle mafie, e quindi dalla sopraffazione e dalla violenza deve essere tra questi. Altrimenti significa che non abbiamo capito nulla della storia d’Italia. Precipitarsi, appena eletto, a far rimuovere una targa, fatta installare appena un anno e mezzo prima dal precedente sindaco, significa, al di là di ciò che viene dichiarato, che è più importante marcare la differenza da chi mi ha preceduto piuttosto che salvaguardare ciò che è importante per la comunità.

Per noi, la storia di Peppino Impastato è emblematica della storia del potere in Italia. Peppino aveva capito, oserei dire in maniera profetica in quegli anni, che non bastava una rottura con l’esistente, ma era necessario un progetto di liberazione. E’ emblematica per chi, come noi, cerca di costruire percorsi di educazione alla cittadinanza attiva per ragazzi e giovani. Quando i ragazzi ci chiedono: “ma noi che cosa possiamo fare?”, noi possiamo rispondere: “innamoratevi della vostra città, del vostro Paese, fate il possibile per renderlo migliore”. Possiamo farlo con creatività, come ci ha insegnato Peppino. Lo ha descritto molto bene l’onorevole Beppe Lumia in un’introduzione alla relazione della commissione parlamentare antimafia sul caso Impastato (non a caso intitolata: Anatomia di un depistaggio): “creare, immaginare la vita, prenderla tra le mani e lanciarla verso il cielo perché si faccia speranza è qualcosa che ad un certo punto si fa impegno concreto. Interrogarsi, capire, agire: creatività culturale e militanza democratica diventano tutt’uno, immaginazione si fa ricerca di un nuovo potere, potere democratico”.

Peppino, grazie!

Domenico Rossi
Referente del coordinamento provinciale di Libera

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