L’antimafia si studia sui banchi

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da “La Repubblica” di Bologna (04 marzo 2010)

Si comincia dall’anno prossimo con la nuova formula a Giurisprudenza. Le lezioni frontali sono alternate alle testimonianze di vittime del pizzo e magistrati in prima linea

di Ilaria Venturi

La strage di Capaci

L´antimafia entra tra le materie di studio, al quinto anno di Giurisprudenza. Vale come un esame. E a fare lezione non sarà solo la docente del corso, ma saliranno in cattedra magistrati, vittime della ferocia mafiosa, giornalisti e sacerdoti impegnati nella lotta alla mafia, «eroi» che si sono ribellati.

Nomi come Nicola Gratteri, Tano Grasso, Antonio Ingroia, Nando Dalla Chiesa, Claudio Fava, don Luigi Ciotti, Dario Riccobono di «Addio pizzo», Vincenzo Conticello, il titolare dell´Antica Focacceria San Francesco di Palermo che ha denunciato i suoi estorsori. Il meglio dell´antimafia sociale e giudiziaria, testimoni che già ora incontrano gli studenti dell´Ateneo grazie al seminario annuale promosso da Stefania Pellegrini, docente di Sociologia del diritto.


Dal seminario si passerà alla «didattica a scelta dello studente», ovvero a un corso vero e proprio, intitolato «Mafia e antimafia», che dà diritto a sette crediti, il valore di un esame complementare, aperto anche agli studenti di altre Facoltà. A deliberarlo, la scorsa settimana, è stato il consiglio di Facoltà di Giurisprudenza. «Si tratta di una esperienza unica in Italia», spiega la docente che ha promosso l´iniziativa. Esistono altri corsi come quello di Nando dalla Chiesa a Milano (sociologia della criminalità organizzata) o corsi di legislazione antimafia o di storia della mafia, ma nessuno strutturato così: lezioni più testimonianze dirette. «Tengo molto a questa formula perché la ritengo la più efficace: permette di istruire i ragazzi muovendo la loro emotività. Non insegni la cultura antimafia, o l´etica, a tavolino. Puoi solo testimoniare questi valori e così trasmetterli», dice Stefania Pellegrini. Il corso, che si attiverà dal prossimo anno accademico, prevede 20 ore di lezione e 28 di laboratorio, ovvero di incontro con i testimoni. «Durante le ore di laboratorio rimarrò al fianco dei relatori, non lascerò la cattedra perché ne sono responsabile. La cattedra è questo: non potere, ma responsabilità», continua la docente che ha cominciato a parlare di lotta alla mafia in Ateneo cinque anni fa, con i primi affollatissimi seminari.

Fiero della scelta della Facoltà, il preside di Giurisprudenza Stefano Canestrari: «La nostra vocazione è educare alla cittadinanza. E´ una concezione del diritto che si radica anche nelle scienze sociali». Stefania Pellegrini racconta: «Vedo la luce che brilla negli occhi dei ragazzi quando ascoltano le testimonianze, c´è una tensione emotiva in queste lezioni incredibile». Tanti gli studenti del Sud, che confessano: «Siamo scappati». Ma che subito dopo reagiscono: «Come possiamo tornare?». E lo fanno. Katerina, laureanda in Legge, è tornata a Scicli e ha organizzato un progetto di educazione alla legalità nelle scuole. Gianluca, studente di Farmacia, ha aperto la sezione di Libera a Ragusa. E´ domani che parte il seminario «Mafia e Antimafia», l´ultimo prima di diventare «esame»: all´aula grande di Giurisprudenza, ore 15, ci sarà don Luigi Ciotti a parlare della lotta alla mafia che «non può essere opera di navigatori solitari».

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