Caos Emergency, la chiusura del centro il prezzo per la libertà

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Da La Stampa

Pressioni dalla provincia dell’Helmand e dalle truppe inglesi

SYED SALEEM SHAHZAD

KABUL
La loro libertà in cambio della chiusura dell’ospedale di Emergency a Lashkar Gah. Sarebbe questo l’accordo segreto dietro il rilascio ieri dei tre cooperanti italiani arrestati otto giorni fa. Fonti vicine al governo afghano, che hanno voluto restare anonime, confermano le voci di Kabul. La liberazione dei tre è stata possibile dopo l’incontro di sabato tra il rappresentante speciale per l’Italia in Afghanistan, ambasciatore Attilio Iannucci, e Hamid Karzai. Il presidente afghano avrebbe acconsentito a una soluzione immediata del caso, in cambio, però, l’organizzazione non governativa doveva abbandonare le sue operazioni nell’Helmand. Le accuse, in effetti, erano apparse subito esagerate, contraddittorie.

Il governatore Gulab Mangal aveva subito accusato i tre di aver organizzato un piano per ucciderlo in un attentato suicida. Poi che il chirurgo Garatti aveva ricevuto 500 mila dollari dai taleban pakistani per ucciderlo. Ancora che avevano intercettato soldi nelle trattative per liberale i giornalisti Daniele Mastrogiacomo e Gabriele Torsello. Infine che erano implicati nell’omicidio dell’interprete afghano Ajmal Naqashbandi, decapitato dai taleban. Tutto era apparso da subito pretestuoso, nella stessa Kabul, anche se i servizi segreti afghani insistevano ancora ieri sulla teoria del complotto contro il governatore e hanno trattenuto fino a sera cinque dei sei impiegati afghani di Emergency a Lashkar Gah. Uno è ancora in stato di arresto: «Il piano – dicevano ieri i servizi – è stato organizzato da nemici esterni dell’Afghanistan (espressione in codice per dire i pakistani, ndr), che hanno fatto pressioni su persone impiegate all’interno dell’ospedale».

Ci sarebbero però anche altre «pressioni esterne» dietro al caso. Non è un segreto che l’amministrazione provinciale dell’Helmand e le truppe britanniche dispiegate massicciamente nella provincia hanno criticato duramente Emergency per aver prestato soccorso a insorti talebani feriti durante l’offensiva a Marjah. Allo stesso modo Emergency ha sempre sostenuto che la sua linea è curare tutti i feriti, indipendentemente a da quale campo appartengano. Non è l’unica organizzazione non governativa a comportarsi così. E’ la linea della Croce rossa internazionale, che nel suo statuto si impegna a dare cure a tutte le persone coinvolte nei conflitti, senza discriminazioni. Una linea che forse ha portato alla chiusura dell’ospedale di Lashkar Gah. Per la popolazione che subisce le conseguenze della guerriglia non ci sono all’orizzonte alternative. Quello di Emergency è di fatto l’unico ospedale attrezzato di tutta la provincia.

La struttura era già stata chiusa nel 2007, dopo le controverse trattative che portarono alla liberazione del giornalista Gabriele Torsello e poi all’uccisione dell’interprete Ajmal Naqashbandi, accusato dagli islamisti di essere una spia dei servizi di Kabul. Dopo pochi mesi però, vista la totale mancanza di strutture equivalenti, ci fu un repentino cambio di rotta: il governo afgano permise al personale di Emergency di ritornare e l’ospedale riprese ad accogliere feriti da operare e curare. L’ultima vicenda, però, si è conclusa diversamente.


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