Vecchia corruzione…o forse no?

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Oggi vi raccontiamo un caso accaduto dieci anni prima di Tangentopoli, all’inizio degli anni 80, a Torino, quando la sua amministrazione fu travolta da un’ondata di corruzione.

Nel 1983 l’Ing. Antonio De Leo, direttore generale di un’azienda produttrice di sistemi informatici, si presentava in Procura, previo accordo con il sindaco di allora Diego Novelli, per narrare alcuni fatti riguardanti pubblici amministratori torinesi.

De Leo aveva iniziato a prendere contatti con l’amministrazione comunale torinese allo scopo di ottenere che la sua azienda venisse invitata ad una gara d’appalto che riguardava la fornitura di sistemi informatici. Nel suo cercare di interfacciarsi con il comune ad un certo punto si imbatté in Adriano Zampini, noto “faccendiere”, che gli disse di essere in grado di manovrare l’Amministrazione comunale e che vi era una strategia volta a far sì che egli acquistasse, tramite una società, delle apparecchiature informatiche di diverse ditte, tra le quali quella di De Leo, per il loro valore effettivo (500-700 milioni) “rivendendole al Comune per circa otto miliardi, perché tale era la spesa che si prevedeva l’amministrazione potesse sostenere in quello e negli anni successivi, per la realizzazione dei proprio progetti informatici. Zampini aggiungeva di aver compiuto analoga operazione con l’Amministrazione regionale per la realizzazione del Laboratori cartografico regionale”. Dalle intercettazioni effettuate a seguito della denuncia, emergeva che Zampini aveva in corso una serie d’affari sia con l’Amministrazione comunale sia con quella regionale, ciò vuol dire che diversi uomini politici avevano contatto diretto con lui.

Sono stati molteplici gli affari trattati da Zampini con gli esponenti della politica torinese, in particolare, alcune telefonate rivelarono le manovre dirette sia verso i membri della maggioranza che della minoranza per superare i problemi di finanziamento insorti relativamente ad una delibera con la quale in Comune aveva disposto l’acquisto di un’immobile, per sei miliardi di lire, di proprietà di una società che faceva capo allo stesso Zampini. Emerse che “allo scopo di superare i problemi di finanziamento, avevano prestato i loro buoni uffici in favore di Zampini, oltre a Giovanni Biffi Gentili, l’assessore Libertino Scicolone, presentatore della delibera in questione, consigliere comunale del Psi, nonché Giuseppe Gatti, capogruppo della Democrazia Cristiana in Consigli comunale”.

Per festeggiare il buon esito dell’affare, Zampini aveva organizzato un viaggio nelle capitali scandinave.

Altro affare in cui furono coinvolti diversi esponenti politici torinesi era quello riguardante la realizzazione di una Banca dati urbani. Dalle telefonate intercorse con Biffi Gentili, traspariva la certezza di Zampini di assicurarsi la vincita della gara per la fornitura dell’intero sistema al Comune, interponendosi egli stesso tra lo stesso Comune e le ditte fornitrici, che avrebbero venduto a lui le apparecchiature che poi, operando attraverso le sue ditte, avrebbe rivenduto all’Amministrazione comunale. Ciò era quanto emergeva anche dalle dichiarazioni dell’Ing. De Leo.

Preposto alla gestione di quest’opera era il vicesindaco Biffi Gentili, il quale pare fosse avvezzo a chiedere tangenti, infatti, sembrerebbe che ne avesse chiesta una in relazione alla realizzazione di un sistema informatico di cui voleva dotarsi l’Azienda elettrica municipale. Durante una telefonata di Zampini emerse di un incontro durante il quale il vicesindaco gli aveva assicurato che avrebbe bloccato la gara per la Banca dati dell’Aem.

I casi non finiscono qui, ma la ricostruzione completa ci porterebbe a scrivere un poema!

Zampini si era creato una rete compiacente di amministratori comunali e regionali che gli permetteva di entrare in qualsiasi affare.

Questa è una vicenda di quasi trent’anni fa, ma è facile percepire analogie e anche differenze con la corruzione dei nostri giorni.

E’ difficile non pensare al caso Amiat e alla vicenda di Raphael Rossi, che ci sta molto a cuore e che continuiamo a seguire e a monitorare per non far calare, come troppo spesso accade, l’attenzione su questi fatti.

La ricostruzione dei fatti è tratta da: “Un faccendiere intraprendente e il “caso Torino”, in Questione Giustizia, VI, 1987, Milano, p. 356 ss.

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