Riciclaggio e appalti – la fotografia della DIA sul Piemonte

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Il Piemonte continua a rivelarsi un terreno fertile per la penetrazione della criminalità organizzata non solo nel tessuto politico – amministrativo, ma anche e soprattutto economico e finanziario. E’ questo l’allarme lanciato nel rapporto della Direzione Investigativa Antimafia del primo semestre 2014 presentata negli scorsi giorni a Roma. La mafia si sposta sempre di più dove ci sono i soldi e dove ci sono le grandi opere. Lo testimoniano i dati relativi ai controlli sulle aziende: Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia sono le regioni con il più alto numero di imprese interdette per mafia.

 

In queste regioni si registrano la maggior parte dei casi di riciclaggio con un ruolo principe della ‘ndrangheta a cui si possono ricondurre oltre il 40% dei casi. La criminalità organizzata di stampo calabrese è riuscita a penetrare nell’economia del Nord riuscendo ad aggiornare continuamente le tecniche di riciclaggio. Una sensazione confermata dalla diminuzione dei casi che riguardano l’art. 648 bis negli ultimi due anni. Se nel secondo semestre del 2012 in Piemonte si sono registrati 69 casi di riciclaggio, nel primo semestre del 2014 le denunce registrate sono state solamente 21: “Un calo che non deve condurre a facili conclusioni – si legge nella relazione – ma che deve essere analizzato in profondità”. In altre parole le organizzazioni criminali riescono sempre ad essere un passo avanti rispetto agli organi di contrasto.

 

Un altro punto debole del sistema di prevenzione riguarda la collaborazione con gli operatori finanziari: ad oggi la maggior parte delle segnalazioni sospette viene effettuata dagli istituti creditizi, ma sono ancora troppo poche le segnalazioni che arrivano dagli operatori non finanziari e dai professionisti. Una difficoltà che si traduce in una grande opportunità per la criminalità organizzata che ha gioco facile nell’utilizzare avvocati, commercialisti e notai per ripulire il proprio denaro.

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