21 marzo a Napoli: il racconto

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“Per amore del mio popolo non tacerò”. Queste erano le parole di don Peppe Diana stampate sulle magliette che 1400 giovani dal Piemonte hanno indossato nel loro viaggio verso Napoli, sede della XIV giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia.

Tutto è iniziato venerdì pomeriggio in uno dei luoghi storici di Torino: il teatro Carignano.

Simbolo di quella bellezza che è stata proprio lo slogan del 21 marzo.

Dentro a questo scrigno, tra specchi e luccichii, le istituzioni hanno salutato i ragazzi in partenza, ma non solo: il “subsonico” Max Casacci ha presentato il video “la mafia non paga la crisi”. Un clip sul narcotraffico realizzato da alcuni artisti che girerà nei locali notturni della città per sensibilizzare il popolo della notte sul legame mafia-cocaina.

Sono tanti i cittadini, giovani e non, che affollano la platea e i palchi del teatro.

Mai prima d’ora una spedizione così numerosa tant’è che non è bastato un treno speciale per contenere tutti i partecipanti, ma si è dovuti ricorrere ad altri pullman aggiuntivi.

Nessuno dei ragazzi che è partito si trova lì per caso, ma ognuno fa parte di realtà che percorrono sul proprio territorio gli stessi percorsi di antimafia sociale seppur con modalità differenti.

A far da padroni di casa ci sono i presidi di Libera: una rete che abbraccia ormai tutto il territorio piemontese e che lavora nelle scuole e non solo, cercando di educare alla responsabilità.

Ci sono i collettivi universitari, protagonisti della lotta contro il tentativo di distruzione dell’istruzione pubblica, a difesa del diritto allo studio.

Tra le cuccette del treno, spuntano, poi, una marea di divise blu degli scout che ritornano sulle strade della Campania per ricordare don Peppe Diana. Un uomo che ha deciso di non voltarsi dall’altra parte e di non tacere.

Si arriva a Napoli alla mattina presto; la piazza di fronte al lungomare è ancora mezza vuota. Nell’aria, il vento muove le bandiere di Libera con il mare a far da sfondo.

Col tempo iniziano ad arrivare tutti: due navi dalla Sicilia, il treno da Milano, i pullman da ogni parte d’Italia oltre alle migliaia di bambini e ragazzi delle scuole campane.

Alla testa del corteo, i famigliari delle vittime tengono lo striscione di apertura: “l’etica libera la bellezza”.

Una bellezza che caratterizza il profondo azzurro del mare e l’imponente Vesuvio che si erge sullo sfondo.

Mentre il serpente di persone si allunga sempre più lungo la costa, vengono scanditi nell’aria i nomi delle oltre novecento vittime di mafia.

Tra questi c’è un ragazzo di Scampia, Antonio Landieri.

Da quando l’hanno ammazzato con una raffica di mitra, suo cugino Rosario Esposito La Rossa ha iniziato una dura lotta per ricordarlo e per cercare di migliorare la propria terra. Così è nata Vo.di.Sca. – Voci di Scampia che lavora con i ragazzi del quartiere.

Volti e sguardi che vengono narrati nelle pagine dei due libri che Rosario ha pubblicato.

La sua resistenza attraverso la scrittura è stata condivisa con i ragazzi del Piemonte che sono andati a trovarlo più volte. Un legame che si manifesta anche nella scelta dell’autore di destinare i proventi del secondo libro alla ristrutturazione di una cascina confiscata a Volvera, in provincia di Torino.

Oggi, sul lungomare napoletano i ragazzi napoletani e piemontesi marciano gli uni affianco agli altri, indossando le magliette con il volto di Antonio Landieri.

Nel frattempo, si abbandona la vista del lungomare e si entra nella gigantesca piazza del Plebiscito.

Quando la testa del corteo arriva sotto il palco, la coda è ancora alla partenza. Sono tantissime infatti le persone che hanno marciato sul lungomare per testimoniare il proprio impegno nella lotta alla mafia. Da tutta Italia, da nord a sud , perché nessun territorio puo’ sentirsi esente dal rischio di infiltrazione mafiosa.

Lo testimoniano proprio le parole dal palco di Anastasia, una ragazza che ha deciso di vivere in una cascina confiscata all’ndrangheta a San Sebastiano da Po, in Piemonte: «L’edificio apparteneva alla famiglia dei Belfiore, i mandanti dell’omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia. Ora il bene, intitolato a lui e a sua moglie Carla, è stato riconsegnato alla comunità e presto inizieremo a coltivare nocciole e a produrre il miele».

Dopo di lei, ecco le parole di uno dei ragazzi nigeriani di Castel Volturno; è in piazza insieme a molti altri migranti per ricordare i sei compagni uccisi lo scorso anno da un commando camorrista.

I ragazzi, poi, applaudono e ascoltano attentamente le parole di Ilya, il figlio della giornalista russa Anna Politovskaya; è felice di vedere in piazza così tante persone che lottano contro la criminalità organizzata, «in Russia – dice – questa manifestazione non sarebbe permessa».

Anna cercava la verità e per questo è stata uccisa. Come lei, tanti altri giornalisti rischiano quotidianamente la propria vita.

In piazza, spunta la telecamera di Pino Maniaci, direttore di Telejato, mentre sul palco Roberto Saviano legge i nomi delle vittime di mafia.

A concludere la giornata sono le parole di don Luigi Ciotti. «Migliaia e migliaia di persone sono qui oggi per un abbraccio alla citta’ – dice il presidente nazionale di Libera – e’ un segno di attenzione a chi si impegna tutti i giorni contro la criminalita’ organizzata. Oggi siamo qui per ripetere che occorrono meno parole e piu’ fatti».

I ragazzi di Torino ascoltano e comprendono l’importanza di questi concetti. Torneranno in Piemonte consapevoli che la giornata di Napoli non sia stata un punto di arrivo, ma piuttosto un punto di partenza per l’impegno nel proprio territorio.


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