Ndrangheta, politica e affari sotto la mole: il racconto dell'operazione Minotauro

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150 arresti. Beni sequestrati per 117 milioni di euro sequestrati e dieci aziende sotto sigilli nel campo dell’autotrasporto e dell’edilizia. Questo il bilancio dell‘operazione Minotauro coordinata dalla Procura di Torino nel capoluogo piemontese e nelle province di Milano, Modena, Reggio Calabria. La più grande operazione di mafia in Piemonte negli ultimi anni che ha scoperchiato la fitta rete di contatti tra la ‘ndrangheta, il mondo degli affari e la politica piemontese.

Un’indagine nata dalle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia Rocco Varacalli e Rocco Marando e che ha messo a nudo un sistema di potere profondamente radicato nel territorio torinese. Il sistema aveva le sue basi nei comuni della cintura torinese dove da anni le nove “locali” presenti esercitavano le proprie attività illegali. Tra i settori privilegiati quello del gioco d’azzardo, dell’estorsione e dell’edilizia. Ed è proprio in quest’ultimo ramo che si concentravano le richieste di taglieggiamento e le minacce in un clima di profondo silenzio e di omertà. Lo testimoniano alcuni fatti riportati dalle carte come il sequestro di un responsabile della sicurezza dello Spresal, “colpevole” di aver guardato troppo a fondo nel cantiere edile gestito da una potente famiglia locale. In questo come in molti altri casi la vittima decide di non andare dalle forze dell’ordine. Le denunce sono poche, mentre la popolazione riconosce il potere delle ndrine sul territorio. Dalla penetrazione economica negli anni la ‘ndrangheta è riuscita a raggiungere un vero e proprio potere di controllo sul territorio fino al livello più alto: quello politico.

«Il dato oggettivo – ha spiegato il Procuratore Capo di Torino Giancarlo Caselli, presente alla conferenza stampa insieme al Procuratore Capo di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone – è la sistematicità del rapporto tra potere politico e organizzazione mafiosa. Il voto di scambio avveniva a qualsiasi livello. Si tratta di episodi singoli, purtroppo numerosi, di politici che intrattengono rapporti con l’ambiente mafioso. Questi vanno al di là degli schieramenti politici: ne abbiamo accertati di orientamenti opposti. Gli affiliati sono convinti che una persona appoggiata sappia dimostrare devozione”.

Tra questi il Gip ha richiesto la custodia cautelare per Nevio Coral, ex sindaco di Leinì e suocero dell’ex assessore piemontese alla sanità Ferrero, coinvolta solamente la scorsa settimana nello scandalo tangenti. L’ex sindaco è ritenuto come “soggetto bene collocato nell’area che non aveva problemi ad incontrarsi con gli affiliati” e viene definito come “biglietto da visita dell’ndrangheta”.

Il racconto in diretta dell’operazione





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