Terminate le elezioni per indire la prima Assemblea Costituente, la Tunisia volta pagina, diventando il motore democratico del Maghreb, nove mesi dopo l’inizio della Primavera araba.
Il movimento che ha contestato i regimi dittatoriali, dall’Egitto alla Libia, si è caratterizzato per la straordinaria mobilitazione delle giovani generazioni e per l’utilizzo dei social network nel racconto degli eventi.
Oggi la Tunisia ha eletto i delegati che lavoreranno alla stesura della Costituzione e alla nascita del primo governo democratico. Il responso (parziale) delle urne parla di un partito di maggioranza, Ennahda, che ha conquistato 28 seggi su 55 nelle nove circoscrizioni, seguita dal Congresso per la Repubblica (la sinistra nazionalista, con 9 seggi), Ettakatol (sinistra, con 4 seggi) e PDP (Partito Democratico Progressista, 4 seggi).
L’indubbia maggioranza ci interroga sul rapporto tra laicità dello stato e religione, senza tuttavia scadere nell’arroganza di chi abbia da insegnare, partendo da conquiste consolidate e scevre di ambiguità e contraddizioni, a chi si approccia per la prima volta agli strumenti della democrazia. Non solo sul fronte della laicità, ma anche dell’effettiva parità tra i sessi, per non parlare dell’assoluta regolarità delle elezioni.
Siamo infatti convinti che, all’indomani della festa elettorale, i tunisini sapranno mostrare all’intero mondo arabo che, chiunque governi in un sistema democratico, dovrà sottoporsi al vaglio della responsabilità politica, che significa affrontare il rischio del dissenso e di non-rielezione laddove si manchino gli impegni assunti.
E proprio di impegni e programmi vogliamo parlare, perché le priorità toccano il cuore della condizione sociale del popolo tunisino.
A questo proposito, intervistiamo Osama Al Saghir, 28 anni, ex presidente dei Giovani musulmani d’Italia ed ex rifugiato politico, come lui stesso si definisce:
– Come vivi la straordinarietà di questo momento storico?
Vivo tutto questo con grande emozione e felicità. È una vittoria di tutto il popolo tunisino. Il momento è stato tanto atteso. Giovani e vecchi, ai seggi, dicevano: “Non so bene cosa fare”. Girava la foto di quella donna che ha vissuto le due guerre mondiali e anche l’indipendenza, ma che non aveva mai votato. Un popolo che ha sofferto tanto, che ha sperimentato la tortura, le morti in carcere. Il voto è stato il grande appuntamento con la storia, a cui nessuno ha rinunciato.
– Il partito in cui ti sei candidato e sei stato eletto dall’Italia, Ennhadha, si proclama laico pur avendo ispirazione musulmana, e ha conquistato il 40% dei seggi all’Assemblea Costituente: come pensi saprà conciliare laicità della politica ed ispirazione religiosa?
Sperimenteremo un modello democratico diverso, rispettando pluralismo e minoranze. Proporremo il sistema parlamentare, che rappresenti al meglio le esigenze diffuse. Nahda è un partito in cui militano tanti ex carcerati, torturati, rifugiati come me, certo inesperti, ma uniti agli altri nella decisa volontà di non ripetere la sofferenza sperimentata e l’esclusione. I tunisini sono intrinsecamente capaci di accettare il pluralismo. Non a caso, non ci sono mai stati problemi etnici e religiosi. Nei pressi dell’ambasciata francese a Tunisi, assediata e protetta con filo spinato, c’è una cattedrale che non è stata mai presidiata, nemmeno durante la rivoluzione, perché non ce n’era bisogno.
– Come si rapporterà invece con le frange estremiste?
Il popolo tunisino è un popolo mediterraneo, moderato. Le frange esistono, non si può negare, ma sono davvero minime. Credo che si siano consolidate principalmente a causa dell’esclusione dalla partecipazione alla vita politica del paese. Una volta attivato il processo inverso, l’estremismo secondo me si ammorbidirà, o verrà inglobato in questo corso. Un certo tipo di Salafismo, come quello che si è espresso negli scorsi giorni, è fomentato da alcune parti dell’ex regime che non hanno alcun interesse nel cambiamento e che invece vogliono mantenere il paese nell’instabilità.
– Quale sarà il ruolo delle donne, in questo crocevia tra modernità e rivendicazione tradizionalista, per esempio a proposito del velo?
L’Occidente non è proprietario dell’unico modo di intendere, vivere e manifestare le libertà, e nemmeno è proprietario dell’unico modello di donna. Anzi, la donna in occidente non è così libera ed emancipata come si pensa, pertanto invito tutti, analisti accademici e donne occidentali, a guardare con altri occhi un diverso modello di donna libera, anche se porta il velo. La donna è libera nella misura in cui può scegliere. Nel programma di Ennhadha si dice che non dev’esservi alcuna indicazione sul vestiario femminile, diversamente da quanto stabilito fino a ieri, dove si parlava di obbligo. L’Occidente deve avere coraggio di accettare altri modelli di libertà della donna.
– Su quali principi Ennhadha negozierà la Costituzione, rispettando il ruolo delle minoranze, e con quali partiti costruirà il Governo?
Sul governo girano tante notizie. Certamente si faranno accordi, così come stabilito prima delle elezioni, per formare un governo di unità nazionale. La Costituzione va scritta tutti insieme, perché tutti abbiamo sofferto il regime. Dobbiamo voltare pagina rispetto al sistema dittatoriale, che limitava le libertà. Vogliamo favorire un sistema plurale che rispetti e favorisca i diritti delle minoranze. Anche gli Ebrei ci hanno votato, non a caso. Siamo stati esclusi per anni, dunque sappiamo cosa vuol dire l’esclusione. Vogliamo una Costituzione fondata sulla cittadinanza e sui diritti umani, e saranno previste pene durissime per chi commette torture.
– Quali sono le priorità programmatiche da affrontare, rispetto alla situazione economica e sociale della Tunisia?
Il paese non è cresciuto nell’ultimo anno. Certamente vogliamo evitare di continuare a pagare i danni dovuti alla corruzione, ma soprattutto vogliamo creare un sistema liberale in cui sia garantita la libertà economica; un modello che superi i confini e unisca l’intero Maghreb. Stiamo lavorando per chiedere all’UE lo status avanzato nei rapporti commerciali, per rafforzare i rapporti commerciali con la vicina Italia, attualmente il secondo partner commerciale: c’è una grande comunità di imprenditori che vivono tra Italia e Tunisia, e ciò rappresenta un elemento di fiducia. In campo agricolo vorremmo attivare dei progetti di cooperazione e partenariato con il Sud Italia ed in particolare la Sicilia. Si sta lavorando su molti punti, per esempio sulla necessità di creare posti di lavoro, incrementando gli investimenti esteri, per avviare grandi opere infrastrutturali, anche per offrire lavoro ai giovani laureati.
– Cosa pensi in generale del coinvolgimento e della partecipazione delle giovani generazioni a questo processo?
Penso che sia una grande opportunità e una grande ricchezza, così come in generale lo è il coinvolgimento della società civile. Se la società civile, e soprattutto i giovani, prende parte ai processi democratici, la democrazia si rafforza. Suggeriremo di adottare nella nostra Costituzione la libertà di associazione, che è una delle grandi conquiste insegnateci dalla Costituzione italiana.
– Come vedi il prossimo futuro della Tunisia e del Maghreb, considerata la definitiva caduta di Gheddafi proprio alla vigilia delle elezioni tunisine? Quali potrebbero essere le forze politiche emergenti in vista delle elezioni in Egitto ed in Libia?
La Tunisia ad oggi è diventata un modello oltre che un interlocutore privilegiato dell’area. Già il Sudafrica, per esempio, ci interpella per migliorare i rapporti con Algeria e Marocco, e così la Cina. Anche in vista delle elezioni imminenti, penso che il modello sia quello dell’islam moderato, e auspico che sia così, altrimenti, se dovesse vincere l’estremismo, ci saranno ripercussioni negative su tutta la regione.
In bocca al lupo allora!
NB: I risultati definitivi, giunti in serata, sono i seguenti:
Ennhadha 90 seggi su 217 totali
CPR 30 seggi
FDTL-Ettakatol 21 seggi
Al Aridha – Pétition Populaire 19 seggi
PDP – Parti Démocratique Progressiste 17 seggi
PDM – Pole Démocratique moderniste – 5 seggi
—————————————–
Leggi anche:
#TED Il racconto del voto tunisino