Ribaltata la sentenza di I grado: la ‘ndrangheta nel basso Piemonte esiste.

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La locale della ‘ndrangheta guidata da Bruno Pronestì esiste ed operava nel Basso Piemonte ed aveva un suo uomo infiltrato nella politica. E’ questo il verdetto emesso ieri pomeriggio dalla Corte d’Appello di Torino che ha condannato 16 imputati a pene comprese tra i tre anni e un mese e i sette anni e mezzo nel corso del processo “Alba Chiara” in totale riforma della sentenza di I grado che aveva assolto tutti gli imputati.
La pena maggiore è stata inflitta a Bruno Pronestì considerato il capo della locale di Novi Ligure, 7 anni e sei mesi. Nella sentenza di I grado emessa l’8 dicembre 2012 era stato condannato ad un anno e sei mesi per detenzione di arma da fuoco.

Tra i condannati spicca il nome di Giuseppe Caridi, consigliere comunale PDL di Alessandria, condannato a 4 anni e 4 mesi. Il consigliere comunale rappresentava un caso unico nella ‘ndrangheta. A lui non è stata contestata l’associazione esterna, ma l’appartenenza alla locale con il grado di picciotto dopo il battesimo avvenuto nel 2010. Nel documento della pubblica accusa emerge la ricostruzione di una lite tra Caridi e un Consigliere Comunale dell’Idv, il quale non denunciò l’accaduto consigliato da un collega di partito “per non mettersi nei guai”.
Regge dunque l’impianto accusatorio della Procura guidata da Giancarlo Caselli che proprio un anno fa, all’indomani della sentenza di I grado, aveva annunciato con queste parole il ricorso in appello:  “Lette le motivazioni, la Procura di Torino farà certamente ricorso. Siamo infatti serenamente convinti della fondatezza dell’accusa. Il procedimento denominato “Albachiara” ha dimostrato ampiamente ed univocamente l’esistenza della ‘ndrangheta nel Basso Piemonte e le relative responsabilità dei singoli imputati. Le prove raccolte si basano su imponenti riscontri nei fatti e sulle dichiarazioni rese da associati al sodalizio criminoso. Una copiosa giurisprudenza della Corte di cassazione avvalora le valutazioni dell’accusa”.

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