‘Ndrangheta in Piemonte: facciamo il punto

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La struttura della ‘ndrangheta in Piemonte è un vero e proprio labirinto. Sono state le inchieste degli ultimi due anni a dimostrare quanto sia sofisticata e segreta, questa questa organizzazione criminale.
Nonostante il grado di complessità della mafia calabrese nella nostra Regione, la Magistratura sta cercando di mettere luce sulle attività criminali di matrice ‘ndranghetista. E lo sta facendo a colpi di sentenze, trasformando il Labirinto in trappola.

Ma facciamo il punto.
Ieri due procedimenti per 416 bis hanno avuto importanti sviluppi. Per i 62 imputati colpiti dall’ordinanza Minotauro del giugno del 2011, che hanno scelto l’abbreviato, sono arrivate le richieste di condanna di secondo grado. Il pg Elena Daloiso ha confermato l’impianto accusatorio del primo grado dando così un duro colpo all’ala più violenta della ‘ndrangheta in provincia di Torino. Molti degli imputati a processo fanno parte del “Crimine”, cellula chiamata a mettere in atto estorsioni, intimidazioni, ritorsioni. Tra i nomi di spicco di questo processo, per caratura criminale, figurano i fratelli Adolfo e Cosimo Crea per i quali sono state richiesti 12 e 10 anni. Nello stesso procedimento è giudicato Bruno Iaria, il re di Courgnè, per i quali sono stati richiesti oltre 13 anni di reclusione. Per la quasi totalità dei soggetti a giudizio è stato contestato il reato di associazione mafiosa.

Per un filone di “Minotauro” che sta raggiungendo il traguardo del secondo grado, c’è n’è un altro, quello con rito ordinario, che sta giungendo a conclusione. Dopo aver spazio alle difese, a metà ottobre, sarà il tempo delle controrepliche della Pubblica Accusa. Nell’aula bunker delle Vallete sono sono a giudizio 74 imputati considerati organici alle locali operanti tra Torino e Provincia.

Da Minotauro a Colpo di Coda, operazione chiusa nel 2012, lo scenario che ne esce dal Tribunale di Torino è simile. Sempre ieri, con rito abbreviato sono state comminate pene che vanno da 5 a 10 anni a 6 dei presunti 19 membri delle locali di Chivasso e Livorno Ferraris. Due di loro hanno scelto di patteggiare, mentre gli altri hanno scelto di sostenere un processo ordinario che inizierà il 25 novembre.

Dai procedimenti a carico di ‘ndranghetisti che si stanno concludendo con condanne, confermando quindi l’impianto accusatorio che ne esce dalle ordinanze, c’è un processo che si deve celebrare daccapo. Parliamo di quello che scaturisce dall’Operazione Alba Chiara sulla presenza di cellule di ‘ndrangheta nel basso Piemonte. Il primo grado si era concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati. La Corte, pur riconoscendo l’esistenza del locale di ‘ndrangheta, ha assolto tutti gli imputati perché non sono stati testimoniati i reati scopo tipici di del 416/bis.
La Procura, pur rispettando la sentenza, aveva annunciato il ricorso. Quindi, i 16 imputati dovranno sostenere nuovamente il Processo di primo grado.

Ma la lotta alla ‘ndrangheta che si sta combattendo al Palazzo di Giustizia “Bruno Caccia” non si conclude con questi procedimenti. A questi bisogna aggiungere i risvolti processuali dell’Operazione Esilio, chiusa lo scorso maggio che ha sgominato un gruppo di persone legate alla ‘ndrangheta dedite al traffico internazionale di stupefacenti.

 

Una schiera di oltre 200 uomini che la Procura ritiene essere organica alla ‘ndrangheta in Piemonte, da anni radicata in questa regione, e che grazie a queste sentenze, subirà un grosso colpo.

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