Processo Bruno Caccia: Libera chiederà di essere parte civile

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A 33 anni dall’assassinio di Bruno Caccia, magistrato assassinato a Torino per volere della ‘ndrangheta, il prossimo 6 luglio si aprirà, al Palazzo di Giustizia di Milano, un nuovo processo per fare piena luce attorno all’omicidio di un servitore dello Stato, ucciso per il suo rigore e la sua attività di contrasto all’illegalità.

Libera che sarà presente in Tribunale con i volontari e ragazzi dei presidi, presenterà alla Corte la richiesta di essere ammessa come parte civile al processo.

“La richiesta di riconoscimento della presenza dell’Associazione nelle aule di giustizia in cui si processano i principali responsabili del sistema di violenza e intimidazione che ha condizionato e condiziona  la vita civile e democratica di tutti i cittadini – commenta in una nota Libera – è la naturale prosecuzione delle iniziative che l’associazione promuove nel territorio, in speciale modo accanto ai familiari delle vittime, nelle scuole e nelle università, Da sempre accompagniamo i parenti delle vittime di mafia nel percorso di ricerca della verità, perché siamo convinti che la perdita dei loro cari non sia solo un lutto personale, ma della nostra società, della nostra democrazia. Saremo al fianco di Paola, Cristina e Guido Caccia nella loro lotta per la giustizia, come da anni facciamo. Tutta la società civile- conclude Libera– deve sentire la responsabilità di essere vicino ai familiari e sostenerli nella ricerca della verità. La violenza criminale sempre più forte impone di vivere questa corresponsabilità non solo a parole ma anche nei fatti. Vogliamo dare un segnale forte: non si costruisce giustizia senza la ricerca della verità “.

Con l’assassinio del Procuratore Capo di Torino la ‘ndrangheta ha voluto dimostrare la sua potenza, attaccando frontalmente lo Stato. Nonostante la reazioni delle Istituzioni, le mafie – su tutte la ‘ndrangheta – sono state capaci di reagire, hanno continuato a fare affari e si sono radicate nel nostro territorio. Ci sono riuscite anche grazie alla sottovalutazione del fenomeno e per la fitta rete di legami intessuti con settori insospettabili della nostra società.

L’assassinio del procuratore Bruno Caccia e la storia recente delle mafie sono collegate da un filo rosso ed è proprio questo processo a dimostrarlo: la persona accusata di aver preso parte all’esecuzione di Caccia è stato condannato per 416 bis a seguito della maxi operazione contro la ‘ndrangheta denominata “Minotauro”.

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